Serie Uniti dal Destino – Far Away (for far too long) – terzo capitolo

Eccomi con il nuovo aggiornamento. La storia si delinea, ma ancora non gli scrivo la hot (devono soffrire) Spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate.
Desclaimer: Ovviamente i personaggi non mi appartengono, purtroppo non ho una mente geniale come Inoue. Perché non continui il fumetto e l’anime :'(

Le varie fanfiction non sono betate o editate (in quanto non ho beta ? e gli editor sono a pagamento) spero non in errori gravi. La storia per ora ha già cinque capitoli pubblicati, cercherò di postarli anche qui tutti quanto prima

Rating: Variabile. Le prime storie sono abbastanza soft poi potrei anche darci dentro XD

Abbinamento : HanaRu

Il piacevole movimento oscillatorio del treno concilierebbe il sonno, se solo riuscissi a rilassarmi. Parola sconosciuta al genio, purtroppo per me sono sempre iperattivo. Sono un pazzo esagitato ma stavolta ho un buon motivo per esserlo. Sono passati troppi giorni dall’ultima volta che ho preso una palla da basket in mano, non potevo assolutamente affaticare la schiena e fare pazzie avrebbe compromesso per sempre la mia presenza in squadra. Anche se quei disgraziati non lo ammetteranno mai che sono fondamentale! Dovevo riuscire nell’intendo di stare buono e portare pazienza, sempre detto che sono un Tensai! Ok lo ammetto mi è servito ricordarmi di quanto accaduto a Mitsui, a volte la voglia di saltare a canestro era davvero troppo forte, la sua storia è stata utile per non farmi prendere dalla foga. Si, c’è anche un alto motivo ma ho una reputazione da mantenere. Va bene lo dico tanto non è più un mistero. Stare lontano da quello che è diventato il mio mondo, sebbene questa passione sia nata per sbaglio, non è stato per niente facile. Ho seguito alla lettera tutti le direttive dei dottori anche per… tornare il prima possibile da lui. Che fate a fare quelle facce allibite? Ho detto proprio LUI. L’unico della mia vita. Il solo che riesce a farmi perdere le staffe con uno sguardo. Il ragazzo più silenzioso del mondo. Più bello del mondo. Più sexy del mondo. Insomma basta un nome: Kaede Rukawa.

In questo tempo passato lontano da Kanagawa, ogni volta che telefonavo a Yohei o leggevo le lettere di Haruko, cercavo sempre informazioni sulla Kitsune. Niente di che, si sa benissimo quanto asociale e riservato possa essere il volpino quindi riuscire ad avere qualche news è quasi impossibile. Certo il mio migliore amico, conoscendomi bene, ha capito quasi subito che volevo sapere cosa stesse facendo la mia nemesi. Bene sapete cosa ha avuto l’ardire di dirmi?

“Rukawa sta bene è in ottima forma, soprattutto non si è neanche accorto che non ci sei!”

Vi rendete conto?Cioè come può essergli sfuggita l’assenza del genio. Io, l’asso della squadra, l’erede del gorilla. Ma voglio essere umile e sorvolare su questo… come cavolo ha fatto a non notare l’assenza della mia voce cristallina che lo insulta. Davvero è così svampito, addormento o indifferente?

Sospiro, interiormente sto fumando, volgendo lo sguardo al paesaggio che scorre veloce oltre il finestrino. Non avevo bisogno di conferme per sapere che sono invisibile ai suoi occhi. Non proprio invisibile però per farmi notare devo sempre fare l’esagitato. Se prima il mio comportamento poteva imputarsi alla confusione che mi faceva provare il volpacchiotto, da quando ho fatto chiarezza vedo tutto sotto una luce diversa. Cosa? Non capite cosa mi è successo? Mettiamola così: il genio si è scontrato contro un iceberg ed è crollato a picco stile Titanic. Sorrido per il geniale paragone, anche se ho poco da stare allegro. Non ho speranze per credere che provi qualcosa per me. Certo abbiamo un rapporto tutto nostro, ma può darsi davvero che è un modo per umiliarmi. Abbasso gli occhi, Rukawa è molte cose però non credo che gli piaccia far del male di proposito. Lo si deve stuzzicare parecchio per farlo reagire. Poi volendo sorvolare su questo punto magari gli piacciano le ragazze. Vero che non guarda le sue ammiratrici, sono troppo esagitate e metterebbero in fuga chiunque. Sinceramente la Kitsune è interessata solo al basket, potrei avere una speranza se diventassi una palla arancione.

Appoggio il mento sulla mano. Oggi ho avuto il lascia passare per tornare a casa, ovviamente la struttura ha informato Anzai e mia madre, e da domani potrò tornare allo Shohoku per allenarmi. Anche a scuola, che palle. Peccato che prima di saltare e correre devo attenermi a un lento processo di allenamenti speciali. Borbotto a mezza bocca. Posso sopportarlo,l’importate è tornare sul quel parquet e poterlo guardare per riempirmi lo sguardo della sua grazia felina, di quei capelli di seta che gli scivolano sugli occhi, della sua voce che sembra levarsi come piccoli gemiti di piacere quando schiaccia a canestro. Mi agito leggermente sul sedile. So bene cosa mi succede quando penso a lui in certi “termini”. È più forte di me, sento le guance andare a fuoco e non solo per “l’emozione” ma anche per una sorta di inadeguatezza. Non dovei vederla così. Insomma è normale, mi piace. Mi è sempre piaciuto. Ha sempre attirato il mio sguardo, anche quando dicevo di odiarlo. Non lo fa apposta si muove così e quel suo essere distante lo rende unico. Ipnotizza lo sguardo. Induce a cercare la sua figura. Provoca con quegli occhi magnetici e quella pelle di porcellana… è così candida, all’apparenza fredda. Le sue mani, affusolate e delicate, chissà com’è essere toccati da lui. Cioè ci siamo toccati spesso ma non parlo di pugni. Fosse solo il desiderio di possedere il suo corpo passerebbe presto, di bei ragazzi il mondo è pieno. (certo nessuno come la volpe) Se vedessi in Kaede (quanto è bello il suo nome) solo un bel involucro non sarei dissimile dai tanti che lo idolatrano o spogliano con gli occhi. (Si qualcuno anche maschile osa farlo, ma io gli caverò gli occhi. La Kitsune è solo mia!) Stavo dicendo… a me fa impazzire quello che nasconde dietro quel musetto glaciale da schiaffi che si ritrova. Come faccio a sapere che nasconde qualcosa sotto quella bellissima facciata?(Si è bello il mio volpacchiotto, da qualsiasi lato lo si guardi) Che domanda scema mi fate? Io sono uno dei pochi, se non l’unico, a conoscerlo davvero. Non è presunzione, ma con chi ha un briciolo di rapporto? Chi riesce a farlo uscire dalla sua tana? Ho avuto modo di guardarlo, a forza di cercarne i punti deboli, che ora so benissimo quando muta espressione. Scusatemi credete davvero che quel fuoco che lo anima durante le partite scompaia appena mette piede fuori dal campo di gioco? No è sempre acceso, lo percepisco quando battibecchiamo e lo voglio solo per me! Quel fuoco che rende ipnotico ogni suo movimento voglio sentirmelo addosso e non per una scazzottata. Mi piacerebbe vederlo sorridere e ridere, anche se adoro il suo broncio, a causa mia. Ma c’è altro, qualcosa che quando lo guardo mi fa battere il cuore. Kaede è una persona “pura”, intendo incontaminata, in quanto si tiene sempre distante da tutto. Come una volpe con la sua tana non permette a nessuno di avvicinarsi tanto da sfiorarlo. Entrare nel suo mondo è come entrare in un luogo “puro”. Il cuore della volpetta avrà una bella cicatrice mai rimarginata che ha inceppato la sua capacità di fidarsi delle persone, o semplicemente che gli impedisce di esternare i sentimenti. Trovare il modo per farlo aprire non sarà facile neanche per il Tensai. Poi non parto bene a causa del mio sbandierato odio. Già, lui cosa vede in me? Un’idiota che non fa altro che insultarlo per i motivi più stupidi.

Lascio che lo sconforto si mi legga sul viso, ora posso permettermelo, in questo treno nessuno ci farà caso. Posso togliermi la maschera sempre allegra, perché quando scenderò da qui deve essere perfettamente a posto. Mi mordo le labbra, mi affligge non sapere come mi comporterò quando lo avrò vicino. Insomma, riuscirò a toccarlo senza la paura di mostrare questi sentimenti? Il Tensai è un uomo cristallino le emozioni mi si leggono in faccia. Come farò a conquistarmi la sua attenzione? Botte, insulti, testate… no è da escludere proprio. Inoltre mi crederebbe sincero se gli dicessi che voglio la sua amicizia? Che sono stanco di questa situazione tra noi?

Una voce metallica informa i passeggeri che a breve arriveremo a Kanagawa, distogliendomi dai pensieri. Manca poco e potrò vederlo. Haruko mi ha scritto che la squadra sarebbe stata tutta in palestra per festeggiare il mio ritorno, l’armata invece è venuta a prendere il capo in stazione. Batto il piede a terra, spero che la volpaccia spelacchiata sia lì con gli altri ad attendermi. Non mi importa se in disparte e in silenzio, mi basta riempirmi gli occhi di lui e i polmoni con il suo profumo. Kimi, quanto sono diventato sdolcinato. Sempre detto che l’amore fa rimbecillire (lo so, con me trova pure terreno fertile!) Io sono un uomo d’azione, dovrei passare all’attacco e prendermi il volpacchiotto. Si, una bella testata e se ancora non ha capito che lo amo un’altra giusto per rimarcare il concetto. Certo piccole piccole, non potrei mai far del male sul serio al mio amore, ma secondo me è il modo giusto per arrivare a conquistarlo.

Sbadiglio sonoramente. Strano per me quando sono sul campo da gioco, a mia discolpa non ci stiamo allenando. Attendiamo l’idiota che torna oggi dalla riabilitazione. Oltre alla squadra sono presenti anche Akagi e Kogure, una piccola “rimpatriata”, così l’ha definita Ayako, per dare il bentornato al numero 10 dello Shohoku. Una parte di me è contenta che sia riuscito a riprendersi, ormai è un punto fermo della squadra. Spero tanto si impegni davvero finendola con tutti i suoi colpi di testa. Contro il Sannoh ha capito quanto gli piace questo sport, nonostante sia entrato a farne parte solo per far colpo sull’Akagi. Mi auguro anche che ridimensioni il suo esaltato modo di fare, insomma gli allenamenti di questi giorni sono stati i migliori da quando mi sono iscritto allo Shohoku (Faccio finta di non sentire quella vocina che mi sussurra: anche i più noiosi.) Sbuffo, a volte la coscienza si risveglia sempre nei momenti sbagliati.

Rimango in disparte a osservare gli altri parlare e ridere. Mi piacerebbe essere lì con loro ma non ci riesco. Inoltre da quando sono tornato in squadra è ancora più difficile interagire con me. Non è bello ammetterlo, ma mi manca qualcosa. In questi giorni ho fatto di tutto sfinendomi come mai prima in allenamenti prolungati sino a notte fonda, pur di non dover inciampare nuovamente in strani pensieri. Sono in confusione. Altro modo per spiegare come mi sento non c’è. Purtroppo è la prima volta che mi capita, quindi provare a sciogliere il nodo per venire a capo di questa sensazione non è facile. Magari se ne parlassi con qualcuno. Si, con chi? Già mi vedo le facce allibite di Mitsui e Miyagi se andassi da loro dicendogli: ho una confusione in testa madornale e mi manca qualcosa in questa palestra. La testa rossa fa capolino sempre più spesso nei miei pensieri. Un brivido di terrore mi scivola lungo la schiena, va bene essere appellati come ice-man ma non credo di riuscire a restare impassibile davanti alle battutine di quei due. Forse il senpai Kogure, è sempre così gentile e rispettoso di tutti. Scuoto il capo. Se fossi completamente pazzo l’ideale sarebbe parlarne con Ayako. Pratica e senza peli sulla lingua. Mi sto quasi convincendo che è la scelta giusta quando lei si volta e mi fa un sorrisino malizioso. Rettifico, non so fortunatamente così pazzo. Poi mi spiega perché ultimamente mi guarda spesso in quel modo strano.

«Sbaglio o sono in ritardo. Ahh, Hanamichi non si smentisce mai.» Il senpai Akagi

«Magari è successo qualcosa oppure hanno perso il treno.» Il senpai Kogure

Guardo l’orologio appeso alla parete. In effetti si sta facendo tardi e dovrei avviarmi al campetto, abbiamo finito prima gli allenamenti proprio per “festeggiare” il Tensai. Io ero contrario, insomma poteva anche stare a guardarci mentre ci allenavamo, forse era la volta buona che imparava qualcosa di utile. Questo pensiero è cattivo, lo so da me ma il tempo sottratto al basket è tempo perso e poi per cosa dovrei usalo? Per dare il bentornato a uno che vorrebbe vedermi con le gambe spezzate? Una fitta allo stomaco mi fa piegare leggermente. Me ne ha dette di peggio questa però mi ferisce ogni volta che ci penso. Dovrebbe sapere quanto conti il basket per me, perderlo equivarrebbe a morire.

Respiro lentamente. Portando di nuovo gli occhi all’orologio, cavoli dovrò correre se voglio arrivare in orario. Sapendo di questi allenamenti ridotti ho deciso di accettare la sfida di Sendoh per uno one on one. Solo che se il rossino ritarda Akira potrebbe anche decidere andarsene e mi dispiacerebbe, l’ultima volta non sono riuscito a batterlo. Poco da fare l’asso del Ryonan resta il mio rivale numero uno. Anzi sarà ancora peggio ora che è diventato capitano.

«Conoscendo Hanamichi,secondo me, ha sbagliato proprio treno. A quest’ora potrebbe essere finito ad Osaka.» Questo è Mitsui.

«Il solito idiota.» Mi esce spontaneo, non so se rivolto al senpai oppure al disperso Tensai.

«Teme Kitsune! Idiota a chi? »

Sussulto, lo ammetto mi ha colto di sorpresa. È da tanto queste pareti non sentivano i nostri reciproci insulti. Involontariamente lascio andare un piccolo sorriso: mi è mancato questo modo di “parlare”. Mi agito, cambiando posizione, diciamo che non ho scelto il verbo giusto. Mancare. In questi giorni sentivo la mancanza di qualcosa. Ora penso che a mancarmi erano gli insulti dell’idiota? Ho preso troppe botte in testa nell’ultimo anno è il caso di vedere un dottore.

Cerco di ricostruire la solita espressione piatta e mi volto, lentamente, per guardarlo. È ancora nel vano della porta, insieme all’armata, la luce del tramonto è dietro le sue spalle e fa sembrare quei particolari capelli rossi come fiamme. Nell’insieme non è cambiato, dall’ultima volta che l’ho visto, eppure c’è una luce diversa nel suo sguardo quando, per una frazione di secondo, mi sfiora.

«Allora il genio vi è mancato?» L’immancabile risata e posa megalomane accompagna la solita tiritera. Un coro di “NO” si alza da tutti i presenti, seguiti però da sorrisi e pacche sulla spalla. Ovviamente continuo a rimanere appoggiato alla parete. Vorrei incontrare di nuovo i suoi occhi ma l’idiota guarda da tutte le parti tranne che nella mia direzione, eppure non posso essermi immaginato quella luce “calda” con cui mi ha sfiorato. Sembrava felice di trovarmi in palestra. Credeva che lo odiassi tanto da non restare qui con la squadra ad aspettarlo? Poi si chiede perché lo chiamo Do’hao. Può sembrare strano ma non lo odio affatto. Mi fa arrabbiare quando non si impegna a basket. Mi diverte smontare le sue convinzioni di essere un genio. Però provo grande stima per lui. Non si abbatte, sopperisce con la fantasia alle sue mancanze è sempre allegro. Spesso mi chiedo: se non ci fosse stata l’Akagi, le cose tra noi sarebbero state diverse? Saremmo stati rivali lo stesso senza questa rabbia che ci divora oppure amici? Noi due possiamo essere amici?

«Come stai? Quando potrai tornare ad allenarti, i campionati invernali sono vicini.»

«Tranquillo Miyagi, il genio porterà la squadra alla vittoria. Ovvio che tornerò presto ad allenarmi, come fareste senza il re dei rimbalzi.»

«Il solito. Ma non ti stanchi mai, almeno ogni tanto potresti dimostrarti un po’ umile.»

Purtroppo Ryota non è un bestione come Akagi, quindi non può fermare i deliri della scimmia con un pugno.

«Un genio non cambia al massimo diventa ancora più geniale.» Tutti i presenti, me escluso, scuotono la testa. Be bisogna ammettere che è un esaltato ma il suo modo di fare è di stimolo per la squadra, sarebbe difficile affrontare le partite senza di lui. Questo periodo di stop forzato gli avrà fatto dimenticare quanto imparato, in pochi mesi ha davvero lavorato come nessuno e si è battuto con campioni del calibro di Maki e Sendoh. Il suo corpo ancora non ha avuto modo di memorizzare alla perfezione tutti i movimenti, temo dovrà ricominciare da zero. Da quello che so per ora non potrà fare gruppo ma allenarsi individualmente secondo la tabella stabilita dall’allenatore Anzai e il dottore che lo ha curato. Mi dispiace, deve pesargli molto dover ricominciare.

«Bene ragazzi devo tornare a casa mia madre mi sta aspettando.» Era ora devo scappare anch’io e non volevo andarmene per primo. «Domani tornerò a scuola e agli allenamenti.»

Alza una mano in segno di saluto quando… «Hanamichi se ti va posso accompagnarti per un pezzo di strada.»

Le mascelle di molti cadono a terra per lo stupore. Ayako me lo aveva detto che tra quei due le cose erano cambiate, non credevo fino a questo punto. Non so perché ma la rabbia che si era sopita, in questi giorni, torna prepotentemente a esplodere e di riflesso stringo i pugni staccandomi dalla parete. Non resterò certamente a vederlo sbavare per quell’oca quando ho in programma una sfida con Sandoh.

«Rukawa te ne vai?» Ayako è la prima ad accorgersi del mio spostamento.

«Hn! Ho un appuntamento con Sendoh ,al campetto.» Non so perché l’ho detto. Non so perché l’idiota si sia voltato all’improvviso con quello sguardo ferito. Siamo uno vicino all’altro. Lui è ancora fermo nel vano della porta e io devo uscire da lì. Però non riesco a muovermi, quegli occhi sono gli stessi che ho fronteggiato altre volte ma mai così “brucianti”. Vuoi lo scontro per questo mi guardi così? Sei arrabbiato per quale motivo?

«Hanamichi, allora?» Il silenzioso dialogo tra noi si spezza. Si volta e io sono libero dalla strana trance in cui ero caduto. Senza aggiungere altro mi allontano dalla palestra, eppure percepisco ancora quegli occhi bruciati addosso. Mi aspetto anche di sentire la sua mano sul braccio e la sua voce che mi grida. “Non ignorarmi stupida volpe.” è solo un istante prima che mi arrivino le sue parole, ma con la frase sbagliata.

«Certo Harukina.»

Dentro di me qualcosa si spezza. Vorrei davvero capire cosa ma è tutto confuso. Lui ha solo aggiunto altra confusione nella mia testa.

.tre settimane dopo

Sono stanco. Il passo strascicato, stile lumaca moribonda, lo sottolinea inevitabilmente. La parte bella della riabilitazione era il saltare la scuola, non che fossi proprio esente completamente dallo studio però non dovevo alzarmi a quest’ora antelucana.

«Mmmm!!» Mugugno. Sbadiglio sonoramente con le lacrime agli occhi. Un personaggio di spicco come me non dovrebbe subire simili trattamenti, dovrei entrare a scuola a un’ora degna del mio genio.

«Sei davvero moribondo stamattina, Hanamichi. Non è che ti stai stancando troppo? In fondo sei tornato da poco e non puoi pretendere di recuperare tutto subito.»

Arrossisco voltando lo sguardo. Le parole di Yohei non sottintendono nulla ma io conosco il motivo della mia stanchezza, non sono né gli allenamenti né la scuola. Diciamo che la “caccia alla volpe” mi sta sfinendo. In queste settimane nulla è cambiato con Rukawa. Lui gioca da favola e io mi arrabbio. Le sue fans urlano slogan a doppio senso e io mi arrabbio. Lui mi ignora e io mi arrabbio. Praticamente sono arrabbiato sempre. Sto perdendo anni di vita, quel pezzo di ghiaccio dovrà risarcirmi. Ohh eccome se lo farà, appena gli metto le mani addosso. Ecco mi sento il volto in fiamme, ci si può cuocere un uovo tanto sono caldo, diciamo che l’espressione:mani addosso alla volpe porta delle conseguenze di reazione a livello fisico. Non so più come comportarmi quando ci perdiamo nelle nostre risse (quando proprio non riesco a frenarmi. Io ci provo ma proprio lui te li tira gli schiaffi.) è difficile nascondergli cosa mi succede. Per non parlare della notte, a letto, penso a lui e al suo profumo e il corpo reagisce impedendomi di dormire. Il mitico Tensai sta esaurendo l’energie, tra un po’ non avrò neanche la forza di allenarmi. Inoltre c’è un altro problema che mi assilla.

«Ah, mi sono dimenticato di chiederti come va con Haruko. Allora a che punto siete? L’accompagni tutte le sere a casa.» Mito mi pungola con il gomito. «Dillo all’amico tuo… pomiciate davanti al cancello di casa sua, vero?»

Una leggera nausea mi prende allo stomaco. Per carità, Haruko è una ragazza carina e le sono affezionato. Ma come si fa a baciarla quando hai in mente un paio di labbra che ti perseguitano? Che labbra aggiungerei, sono sensuali anche quando mi insultano. «Al solito. Abbastanza bene, come ti ho detto non sono più sicuro di voler approfondire il legame con lei. Quindi non c’è stato nessun pomiciamento.»

Spero che questo gli basti, ma se conosco Yohei mi subisserà di domande. Ne avrebbe anche ragione, non mi sto comportando bene. Serve una spiegazione alla questione Haruko. (già vi vedo: ma come volpe di qua, volpe di la e poi esci con l’oca?) Mettiamola così: se la “caccia alla volpe” è stancante ma non mi importa perché io voglio arrivare al cuore del MIO Kaede, tenere lontana Haruko è molto più difficile. Insomma per un anno ho sbandierato il mio amore per lei, ora che si è accorta di me tutti si aspettano il momento in cui ufficializzeremo il nostro stare insieme. Sono giorni che l’accompagno a casa, dopo gli allenamenti, sebbene qualche volta sia riuscito a svignarmela con la scusa di voler giocare ancora a basket. (io e il volpacchiotto da soli in palestra, la quintessenza della felicità.) Ci provo a essere più scostante per scoraggiarla, il fatto è che mi dispiace. So cosa significa essere rifiutati. Pensate se lei sapesse che la sto rifiutando perché sono innamorato pazzo di Kaede Rukawa. Perderei la sua amicizia e me ne dispiacerebbe tantissimo. Perché deve essere tutto così ingarbugliato? Vorrei solo far contenti tutti ed essere felice anch’io, credo sia impossibile anche per un genio come me. Quando verrà fuori che sono innamorato della volpe inevitabilmente qualcuno soffrirà. Io, Kaede, Haruko, oppure tutti e tre.

«Hana tutto bene? Sei strano e non sono ancora riuscito a capirne il motivo. Insomma le cose dovrebbero andarti alla grande in questo periodo.»

Al mio migliore amico non è sfuggito il sospiro amareggiato. Vorrei tanto confidarmi con Yohei, soprattutto parlargli di Rukawa. Di riflesso sul mio volto, quando penso a lui, passa un lampo di tristezza. La Kitsune è più scostante del solito, so che devo pagare lo scotto del mio assurdo comportamento e non posso pretendere che le cose cambino dall’oggi al domani ma, sarà una sensazione, da quando sono tornato è più freddo. (Mica credete che mi arrabbio per nulla?) Qualche volta, quando vado via con l‘Akagi, mi è sembrato di scorgere nello sguardo del volpacchiotto una specie di rimprovero e delusione. So che sono solo illusioni del mio cuore innamorato che spera in una gelosia impossibile. Rukawa geloso, neanche nei miei sogni più megalomani. Ci mancherebbe pure che lo fosse, cosa dovrei dire io, allora? Non ho dimenticato il suo appuntamento con Sendoh. Ce ne sono stati altri? Che tipo di rapporto c’è tra loro? Cioè da quando la volpe si vede con il porcospino? Soprattutto perché? Ho cercato di darmi mille risposte e ho fatto mille congetture, la più quotata: quei due stanno insieme. Un brivido di freddo mi scivola lungo la schiena, non voglio assolutamente pensare a una simile eventualità. L’istrice non deve neanche azzardarsi a guardare Kaede. Stringo i pugni e credo che la rabbia si veda benissimo. Sto letteralmente fumando: io sono geloso. Non posso farci niente, lo ero anche prima di capire che lo amo. Adesso vado proprio di matto.

«Hana allora? Perché non mi dici che ti sta succedendo?»

Mi sono di nuovo perso. Scuoto la testa, continuando a camminare. Dovrei parlargli ma mi spaventa perdere l’amicizia di Yohei e degli altri dell’armata, non posso fare a meno di loro. Non abbiamo mai parlato di certe cose quindi non so come reagirebbero. Mi vedete a dire a questi morti di “ragazze”: il vostro capo è gay. Mi guarderebbero schifati e forse si allontanerebbero. Tremo al sol pensiero. Dite che ho poca fiducia in loro? Forse. La paura fa questo e altro. «Mito, sei un mio amico… vero?»

Che razza di domanda gli ho fatto. Ora mi guarda confuso e anche leggermente offeso. «Hanamichi ti sopporto dalle elementari, credevo fosse chiaro che lo faccio perché ti sono amico!»

«Si, lo so, scusami non volevo…cioè visto che sei mio amico mi vorresti bene anche se fossi diverso da quello che pensi?» Ok, il discorso in testa c’è a parole ho qualche problema e la faccia sempre più confusa di Yohei lo conferma.

«Non ti ho mai reputato una persona normale, che sei diverso è evidente.» Sussulto, come evidente? Divento viola dall’imbarazzo, io l’ho capito da poco mentre lui già lo sapeva? Almeno poteva darmi una mano invece di continuare a rifilarmi ragazze. «Sei un genio. I geni sono spesso incompresi.» Cado faccia a terra. Non ha capito un accidente. Il cretino ride. Ora si becca uno dei miei famosi sguardo che uccide. «Che c’è, perché mi guardi così?»

«Non hai capito cosa stavo cercando di dirti! Dove hai lasciato la perspicacia a casa? Possibile che quando devi afferrare al volo una cosa non lo fai!» Ho il volto in fiamme e ho gridato talmente tanto forte da far girare quasi tutti gli studenti dello Shohoku.

« Hana facciamo così: ora abbiamo lezione, in pausa pranzo ci troviamo un posticino tranquillo e mi spieghi questo discorso “diverso”. Io posso anche essere sveglio e perspicace ma tu stamattina parli per enigmi. »

Durante le lezioni non faccio che agitarmi e scarabocchiare sul quaderno. Evito di guardare Yohei per tutto il tempo, mentre lui ogni tanto si volta verso di me. Ha intuito che voglio parlargli di una cosa seria. Mentalmente ripeto quello di cui voglio metterlo a corrente. Mi faccio film apocalittici nel caso dovesse dirmi che non mi reputa più suo amico. Quando suona la campanella, per la pausa pranzo, salto su come una molla e afferro il mio bento prima di essere trascinato fuori dalla classe da Mito.

«Qui non dovrebbe disturbarci nessuno.» Effettivamente chi è il folle che viene nei laboratori di chimica, c’è un odore orribile. Comunque per sicurezza controllo. «Hanamichi ho capito che vuoi parlarmi di qualcosa di importate. Voglio che tu sappia che puoi raccontarmi tutto, rilassarti. Ti conosco e so tanto di te, specialmente le cose più imbarazzanti. Ti voglio bene, questo non cambierà mai.»

Sorrido. Io e Yohei né abbiamo passate tante insieme. Ci siamo voluti bene dalla prima rissa. Con lui ho pianto quando è morto mio padre. Ed è stato lui a tenermi abbracciato mentre aspettavo l’esito delle lastre alla schiena. È vero non ho nulla da temere. Non lo perderò, lui capirà e forse riuscirà anche a darmi qualche consiglio. Prendo un grosso respiro… come iniziare? Scuoto la testa, c’è un solo modo. «Mi sono innamorato. Mi sono innamorato davvero, Yohei.»

Lui si volta a guardarmi, ha percepito il tono serio. I suoi occhi neri mi scrutano affondo come a cercare conferma. «Ti sei innamorato… scommetto che non stai parlando di Haruko.» Sussurro un “no” appena percepibile. «Lo sospettavo. Si vede che fingi con lei. Però mi chiedo chi sia, stavolta sei sto molto discreto. Insomma chi è la fortuna stavolta?»

«Io non voglio gridarlo ai quattro venti è troppo importante per me. Voglio capisca che faccio sul serio. Inoltre vorrei che fosse il fortunatO il primo a saperlo. Lo sto raccontato a te, sei il mio migliore amico e io ho bisogno di confidarmi con qualcuno.» Ecco l’ho detto ora vediamo cosa succede.

«Ma chi è, insomma non hai lasciato trapelare niente. Qualcuna della clinica di riabilitazione? Una matricola? Qualcuna che viene a vedere le partite?»

Ho voglia di dare una testata al muro, anzi a lui. Non ha capito niente. Inizio a ringhiare come una tigre in trappola. «Yohei, mi sono innamorato di un ragazzO.» Glielo grido praticamente in faccia. Ho il volto che mi scotta, perché non volevo dirlo così. Insomma è tanto sveglio proprio ora non capisce? La reazione non è quella che mi aspettavo, sorride in modo strano. È inquietante.

«Ma davvero? Sentiamo e quando ti saresti accorto di essere completamente andato per una certa volpe?»

Per poco non cado dalla sedia. «Quando? Tu come fai a saperlo?»

«Sei sorpreso della mia perspicacia? Eppure dovresti sapere che tra noi due sono io il più intelligente. Sinceramente l’avevo capito da stamattina ma volevo sentirtelo dire.»

Che sia un tipo sveglio non ci piove, ma come ha fatto a capire di chi parlavo? Io ci ho messo un anno per far chiarezza nei miei sentimenti. «Posso sapere come hai fatto a capire chi è il ragazzo di cui mi sono innamorato?»

«Ti conosco, sei un libro aperto. Ammetto che avrei dovuto intuirlo prima che le ragazze non fanno per te. Insomma dopo cinquanta rifiuti. Un paio di volte ho anche pensato di proporti qualche bel ragazzo ma poi è arrivata Haruko. Qualcosa nei suoi atteggiamenti mi faceva ben sperare. Infatti ora è lei a correrti dietro, ma il tuo cuore è stato trafitto da un paio di occhioni blu e mi sa che nessuno riuscirà a cancellarli.» Sta parlando seriamente? Fatico a crederlo. «Vi ho visto insieme dal vostro primo scontro sulla terrazza, tu e Rukawa fate scintille. Giorno dopo giorno ho notato come, sebbene giuriate di odiarvi, siete sempre uno affianco all’altro. Di quanto lui sia il tuo punto di riferimento, l’unico in grado di scuoterti.» Il mio punto di riferimento? Non è solo quello, lui è capace di rendermi migliore. Quando sono al suo fianco mi sento invincibile. «Durante le partite o gli allenamenti basta una sua parola e tu cambi. Se i primi tempi era facile intuire che fosse per attirare l’attenzione di Haruko, dopo era chiaro che volevi l’attenzione della matricola d’oro dello Shohoku. Desideravi che ti vedesse come giocatore. Smani dalla voglia di sentirgli dire che sei un suo degno rivale. Questo non è solo perché ormai il basket ti è entrato nel sangue, ma perché sai che è un modo facile e veloce per arrivare a lui.» Come fa a sapere tutte queste cose? Se anche Rukawa le ha capite? «Il massimo del tuo esporti è stato durante la partita con il Toyotama. Quando quel Minami gli ha dato una gomitata. Sei schizzato come un pazzo,davvero ho creduto che avresti provocato una rissa in campo. Una cosa che non si fa per chi dici di detestare.» Arrossisco. Quella volta non sono riuscito a controllarmi, avrei voluto uccidere quel calimero. Aveva osato far del male al mio amore solo perché non poteva batterlo correttamente. Be, anch’io qualche volta gli ho detto delle cose brutte del quale mi pento. Se gli succedesse qualcosa mi sentirei responsabile indirettamente. «C’è solo una cosa che mi preoccupa.» Ecco ora mi dirà che non può continuare a essermi amico. Che quelli come me gli fanno schifo. «Rukawa è bellissimo. Un campione che attira lo sguardo e fa sognare. Ma è così chiuso in se stesso.» Vero, la mia volpe non brilla per comunicabilità. «Io credo che sia una bella persona, dietro quel muro che innalza… sei sicuro di riuscire ad abbatterlo?»

«Che domande fai? Sono un Tensai e abbatterò quel muro a forza di testate!» Ci guardiamo negli occhi e lui scuote la testa. La sua reazione è tranquilla, non ha fatto cenni al fattore: che schifo sei gay. «Yohei non ti fa orrore che sono gay? Dimmelo ti prego, voglio sapere se ho ancora la tua amicizia oppure questo è qualcosa su cui non puoi andare oltre.»

«Ma per chi mi hai preso?» Kimi, sembra arrabbiato. No, è incazzato nero ma che ho detto? «Ha ragione Rukawa a chiamarti idiota! Non me ne frega niente se ti sei innamorato di un ragazzo. Se sei gay, etero, bisex o altro. Io ti voglio bene. Inoltre Rukawa è talmente bello che farebbe convertire anche l’etero più convinto.» Colpito e affondato. «Hana voglio solo vederti felice e, mi spiace dirtelo, non so se con lui potresti esserlo. Tu sei un tenerone sotto quello strato duro. Hai bisogno di sentirti amato.»

Lascio andare il respiro e gli sorrido. Le sue parole sciolgono quel nodo di preoccupazione che sentivo. Non voglio perdere Yohei, come chiunque a cui sono legato. Ma c’è un’altra cosa che devo chiarire. «Kaede è l’unico che può rendermi felice.» Sono serio. Molto serio e infatti il mio amico mi guarda diritto negli occhi. «Lo amo così com’è, se fosse stato diverso non mi sarei neanche accorto della sua esistenza. Può essere taciturno, scostante e irritante ma io l’ho visto.» Yohei spalanca gli occhi. Come posso spiegargli quella sera, dopo la sconfitta con il Kainan, quando con i pugni e le parole abbiamo sfogato tutta la rabbia che avevamo in corpo ritrovandoci entrambi. Si, perché quella sconfitta è pesata su tutti e due. Solo insieme potevamo uscirne. Non le parole gentili di Haruko mi hanno fatto tornare in palestra ma i pugni della mia volpe. Piego le braccia sul banco e affondo il viso nel tessuto ruvido della divisa. «Lui riesce a darmi una forza incredibile. Non deve fare niente, basta la sua presenza. Ho solo una paura, Mito.»

«Quale Hanamichi?»

«Di non essere abbastanza. Cosa ho da offrire a una persona splendida come Rukawa? Sono un semplice idiota.»

«Ma sai visto che ti chiama sempre così magari è quello che vuole.» Io e il mio amico ridiamo. Sento le lacrime pungermi gli occhi. Yohei mi passa una mano tra i capelli, è il suo modo di dirmi che mi starà vicino. Avevo bisogno di parlare a qualcuno di questo sentimento, ora posso pensare solo a conquistare il mio algido volpino.

Soffio leggermente sulle mani. Sono arrossate e fredde. Certo non è il massimo giocare fino a tardi al campetto del parco, le giornate si sono accorciate e l’aria è più gelida. Siamo in autunno e a breve incominceranno i campionati invernali. Raccolgo il pallone e mi avvio verso casa. Una folta di vento mi spinge ad accelerare il passo, da lontano posso vedere la sagoma familiare. Una villetta come tante, in questo quartiere, con un bel giardino. Le luci sono accese, mio padre è tornato per il weekend e devo dire che ne sono contento. Lunedì rientrerà nuovamente alla sua vita a Tokyo. Mi ha chiesto svariate volte di seguirlo ma non voglio lasciare la casa dove ho vissuto l’infanzia, l’ultimo legame con mia madre. Inoltre c’è lo Shohoku e la squadra. Devo dire che mi sento sempre in colpa quando penso che volevo lasciarli per andare in America. Una presunzione dovuta alla sconfitta. Ora invece voglio far diventare la squadra la numero uno e quest’anno ci riuscirò. Apro la porta e vengo subito avvolto da un piacevole calore, accenno un saluto. Papà è in salotto, mi sorride. Coccola il mio gatto che appena mi vede si avvicina per farmi le fusa.

«Ti è affezionato.» Alzo le spalle, vivo da solo a chi altri dovrebbe affezionarsi? «Vai a cambiarti, la cena è quasi pronta.»

Annuisco e salgo in camera, ho bisogno di una doccia calda. È bello trovare qualcuno con cui cenare la sera, molte volte è talmente deprimente che sbocconcello qualcosa e vado subito a dormire. Mi rendo conto di stare troppo tempo da solo, che questa condizione inizia stranamente a pesarmi. Forse per questo accetto le sfide di Sendoh. Ci siamo visti per giocare spesso in queste settimane e devo dire che è un ottimo modo per allenarmi. Certo il mio rivale mi ha invitato qualche volta a uscire per bere qualcosa insieme ma io ho sempre rifiutato. Non so, però mi sembrano inviti volti ad altro. Anche se non capisco cosa voglia da me. Alcune volte sono stato tentato di dirgli di si, per scrollarmi di dosso questa solitudine, però sento che non è con l’asso del Ryonan che vorrei fare questo passo. È un rivale, oltre il basket non ci accomuna niente. Perché lo dico con tanta sicurezza? Qualche volta ci siamo fermati al campetto a parlare. Cioè lui parla e io cerco di seguire i suoi discorsi. Nonostante le domande abbastanza dirette, non ho sentito quel trasporto a sciogliermi per permettere a qualcuno di raggiungermi. (Ci credete mi sono annoiato.)

«Allora come vanno gli allenamenti? Ancora non mi hai detto com’è la squadra senza i titolari di terza.»

Mi siedo a tavola. «Manca solo Akagi. Per il resto quest’anno puntiamo a ottenere la vittoria.»

Non ho intenzione di lasciarmi battere di nuovo. Lo Shohoku arriverà vincitore ai campionati nazionali. «Pensare che ti ho regalato quel canestro di mini basket per sbaglio. Chi l’avrebbe mai detto che saresti diventato un così bravo giocatore.»

Sorrido leggermente. Gli avevo chiesto un altro gioco, sono contento che si sia sbagliato. Ho scoperto questa passione a cinque anni e dall’ora non ho mai mollato il basket un solo giorno. Ci sono nato con questa passione. L’avrei scoperto prima o poi. «Avrei giocato lo stesso.»

«Non ne dubito. Ho visto le registrazioni delle partite. Sei un altro sul campo da gioco. Non fraintendere ,ti animi e mi piacerebbe vederti così felice sempre.»

So cosa vuole dirmi. Dopo la morte della mamma mi sono chiuso in me stesso, stupidamente ho iniziato a pensare che chiunque può lasciarti e quel vuoto non voglio più sentirlo. Così mi tengo ben lontano dai sentimenti. Però sono felice di avere l’appoggio di mio padre, mi lascia solo è vero ma mi sostiene sempre, per quanto riguarda lo sport che amo. Conosce il mio sogno di voler giocare in America e ha sempre detto che farà di tutto per aiutarmi a realizzarlo.

«Mi dispiace lasciarti solo, Kaede. Stavolta il mio viaggio di lavoro mi porterà in Cina per un po’. Ammetto che saperti qui mi mette angoscia, dovrei starti vicino. La mamma non me lo perdonerebbe.» Mi agito sulla sedia, sa bene che non amo parlare di lei.

«Non sentirti in colpa ormai ci sono abituato.» Forse sono stato troppo diretto. Non lo incolpo di nulla. Io ho avuto il basket e il carattere solitario per superare la morte della mamma, lui il lavoro. È giusto così.

«Lo so e non sai quanto mi dispiace che ti sei abituato.» Inizio a sparecchiare, mi sta venendo sonno e domani mattina presto devo andare al campetto, prima della sessione in palestra con la squadra. «Non sono affari miei ma… non c’è nessuno che consideri amico? Qualcuno con cui condividere altro oltre la passione per il basket.»

Resto fermo, le braccia mi cadono molli lungo i fianchi. Non so perché mi viene in mente una certa scimmia rossa. Dire che sono scioccato è un eufemismo. Proprio non riesco a farlo uscire dalla mia testa. Dalla mia vita ci ho messo una pietra sopra, me lo ritrovo sempre tra i piedi. Lui, tra tanti… «Do’hao!»

«Come?» Alzo la testa di scatto, credevo di averlo solo pensato e invece mi è uscito dalle labbra.

Papà mi guarda stranio, magari pensa pure che lo stavo insultando. «Scusa sono stanco. Ho sonno e… no, non c’è nessuno che considero amico. Buona notte.»

Che cavolo mi prende? Mi lascio cadere sul letto chiudendo gli occhi. Nell’ultimo periodo quella testa matta di Sakuragi compare nei momenti più impensabili, nella mia testa. Addirittura prima di entrare in palestra ripeto la trafila di insulti che di solito mi rivolge, così per vedere se ne troverà di nuovi. Forse è perché il suo atteggiamento verso di me è cambiato. Sarà che sta con l’Akagi. Non l’hanno ufficializzato ma l’accompagna a casa quasi tutte le sere. Qualche volta mi sono ritrovato a guardarli con fastidio mentre andavano via. Ovviamente solo perché quel cretino toglie tempo al basket. Comunque non mi deve interessare cosa fa. La domanda di mio padre avrebbe dovuto al massimo farmi venire in mente Sendoh, viste le nostre sfide, non l’idiota. Che cavolo di rapporto ho con l’idiota, insulti e risse. Mi volto sul fianco rannicchiandomi. Gli occhi aperti a fissare il muro di fronte. Da un po’ di tempo non so più decifrare il rapporto con il rossino, insomma cos’è che mi spinge verso di lui dal primo giorno che ci siamo incontrati? Ho riconosciuto un degno avversario? Si, il suo gioco è ancora grezzo ma affinandolo potrebbe mettermi in seria difficoltà. Non è solo quello… è vitale. Un’energia travolgente. Quel suo modo di fare da megalomane mi ha sempre fatto scattare dentro qualcosa. Si autoproclamava campione senza neanche sapere le regole basilari del basket. Non ha avuto paura di sfidare campioni del calibro di Maki, senza timore di metterli in ridicolo. In partita mi sono ritrovato spesso a guardarlo, oltre a essere evidenti i miglioramenti durante gli scontri, la sua forza e combattività mi attiravano. Mi spronavano a dare il massimo. Quando sapevo di avere i suoi occhi addosso cercavo di fare canestri spettacolari per farlo arrabbiare. Ma è davvero solo questo il motivo per cui lo fisso? Per cui devo sapere sempre dov’è? Quando fa troppo il cretino con l’Akagi devo riportare il suo sguardo su di me e sono sicuro che non mi importa di quella ragazzina.

“Amico con cui condividere altro oltre il basket.” Forse davvero potrebbe esserlo. Che razza di pensiero stupido. Tiro su le coperte, basta non ne verrò mai a capo e io detesto sentirmi confuso. L’idiota poi mi ci manda spesso in confusione. Per questo ultimamente cedo di meno alle sue provocazioni. Ha avuto la ragazza dei suoi sogni. Ha il basket. Può finalmente smetterla di confondermi. Mi rendo conto da solo che questa rabbia verso Sakuragi è ingiustificata, ma la mia razionalità ultimamente è andata.

La mattina dopo mi sveglio più rilassato, sarà che non mi piace crogiolarmi in inutili seghe mentali. Oggi è domenica quindi niente scuola, con calma mi stiracchio e preparo per uscire. Andrò al campetto e poi agli allenamenti nel pomeriggio, potevo usare la mattinata per restare a dormire ma ho appuntamento con Sendoh per dargli una rivincita. L’ultima volta ho vinto io. Mi chiedo se sia giusto vederlo con tanta frequenza, ma si tanto sono solo one on one.

Quando scendo al piano inferiore papà è in cucina ai fornelli. «Buongiorno, colazione all’americana.»

Scuoto la testa, lui è abituato visto che passa molto tempo negli Stati Uniti, io non ho mai molta fame la mattina. Specialmente di uova e pancetta. Mi viene la nausea proprio. «Grazie,bastava una spremuta d’arancia.»

«Devi nutrirti figliolo, sei un giocatore e hai bisogno di energie. Allora che programmi hai oggi?»

«Campetto in mattinata e allenamento con la squadra nel pomeriggio.»

«Quindi a pranzo sei tutto mio?» Alzo un sopracciglio lasciando correre la battuta. «Che ne dici di pranzare insieme? Si, un bel pranzo e una passeggiata vicino al mare con il tuo vecchio papà e poi ti porto in palestra.»

«Hai già deciso tutto tu.» So che vuole passare del tempo insieme. Mi dispiace quasi di aver accettato la sfida del numero sette del Ryonan. Lo saluto ed esco.

Quando arrivo al campetto del parco il mio avversario è già lì. «Ciao Rukawa.»

Sorride. Come al solito. Vorrei sapere come fa a stare con quel perenne sorriso stampato in faccia. Ammetto la flemma di Sendoh a volte mi urta. Così come la sua presunzione nel credersi migliore di me. Devo essere sincero c’è qualcosa che lo fa stare un gradino sopra. In uno one on one di rado riesce a battermi, ma in uno scontro a squadre il suo gioco è migliore del mio. In fondo solo dopo la batosta di Sawakita ho iniziato a giocare davvero con i compagni mettendo da parte il mio individualismo.

«Hn!» Se spera di fare conversazione si sbaglia di grosso, sono venuto qui per un unico motivo. Gli lancio la palla. «Ti devo la rivincita. Palla a te.»

Invece di arrivare ai venti punti giochiamo a tempo. Un allenamento utile per rinforzare la resistenza fisica. Oggi il mio avversario è parecchio ispirato, stargli dietro non è facile anche perché per la prima volta la mia mente non è concentrata soltanto sul gioco. Alla fine riesco per un soffio a pareggiare allo scadere del tempo. Mi piego sulle ginocchia cercando di recuperare fiato asciugandomi il sudore con la fascetta nera. Non sono soddisfatto di questo risultato. Non ho dato il massimo.

«Siamo pari, dobbiamo fare uno spareggio. Te la senti?»

«Hn, non oggi. Sabato prossimo.» Anche se mi urta non poter rimanere per fargli vedere chi sono.

«Bene. Meglio così, non mi sembri molto in forma.»

Mi irrigidisco a questa affermazione. Cosa cavolo sta dicendo? Che sono peggiorato? Il mio sguardo è gelido e basta questo per zittirlo. Lui alza le mani in segno di scusa.

«Non fraintendere mi sembri un po’ assente. Capita a tutti di avere dei pensieri in testa.»

Senza dire altro mi allontano, lo saluto con un cenno della mano ed esco dalla recensione del campetto. È vero che sono distratto, mi da fastidio che se ne sia accorto anche lui. Ma il fatto è che mentre giocavamo mi sono tornate in mente le parole di papà, quelle che ieri sera mi hanno tenuto sveglio per un bel po’. Insomma per un piccolo istante al posto di Sendoh ho immaginato di avere d’avanti la scimmia rossa. Non riesco a capire perché. Come cavolo ha fatto quel demente a diventare un puntino fisso della mia mente? Ormai lo vedo da tutte le parti, è una persecuzione.

.Mai più lontani

Devo avvicinarmi a Kaede, non ne posso più di questa “tensione” tra noi. Perché dico così? Semplice sono giorni che la volpe mi evita. All’improvviso non esisto più per lui. Capite cosa mi sta facendo? Mi tratta come tutti gli altri e io questo non posso sopportarlo. Non voglio perdere quel “noi”, mi ucciderebbe. Può sembrare da pazzi ma è l’unico punto di contattato. Ho provato a provocarlo in ogni modo, niente. Mi fa male. Cavoli non avete idea di come mi faccia sentire questo vuoto. Non posso biasimarlo, non ci sono più motivi per continuare a comportarci così. Anche Yasuda mi ha detto che era ora che la smettessimo. Ho pianto come non accadeva dalla morte di mio padre, è come se lo stessi perdendo. Perdere? Non ho niente tra le mani solo questo sentimento e questo dolore che mi fa fare cose sbagliate. L’ho colpito, stavolta davvero. Volevo restituirgli il male che mi fa con la sua freddezza e mi sento un miserevole verme per il livido che sfoggia da una settimana sul suo bellissimo volto. Yohei ha provato a consigliarmi di parlargli. Dice di aprirgli il cuore e vedere quale sarà la sua reazione. Ho paura. Lo ammetto. Sono terrorizzato di vedere sul suo viso il disgusto o peggio ancora l’indifferenza totale.

Appoggio la testa all’armadietto, sento i palloni che rimbalzano e le voci dei compagni in palestra. La squadra ha iniziato ad allenarsi, non ho voglia di unirmi a loro. Quello è il luogo in cui io e Kaede ci siamo scontrati di più, ma anche quello dove ci siamo capiti e abbiamo costruito quel “noi”. Un noi che fa finta di non sentire più. Non è presunzione la mia, si sta sforzando e si vede. Io lo vedo. Mi chiedo quale sia il motivo del suo allontanamento da me… Magari qualcuno gli ha detto qualcosa. Però nessuno a parte Mito sa che lo amo. BASTA. Batto violentemente la testa nell’armadietto.

«Hanamichi Sakuragi ti muovi a uscire da lì dentro? Guarda che anche senza Akagi ci sono io a rimetterti in riga. Sai che ci metto un minuto a prenderti a sventagliate su quella testa dura.»

Ayako non puoi capire come mi sento. Prendo un grosso respiro. Meglio non insospettirli, magari così mi lasceranno in pace. Non posso allenarmi con loro, finirei per stargli vicino e allora manderei a fanculo tutto facendo la cosa sbagliata. Entro in palestra e prendo un pallone dal cesto.

«Ehii mezzasega allora ti muovi che stiamo aspettando tutti te.» Mitsui

«Hanamichi entra subito in campo, ricordati che sono io il capitano quindi cerca di collaborare.» Miyagi

Non li rispondo, cammino verso il signor Anzai. Sento i suoi occhi addosso, erano giorni che non mi guardava, avanti volpino metti il tuo carico da dieci. Dammi dell’idiota. Mi faresti felice, sono giorni che non mi chiami più così.

Oggi da tabella di allenamento avrei dovuto ricominciare a fare qualche passaggio con la squadra. So che sconvolgerò tutti però ho bisogno di tranquillità. «Coach vorrei continuare a ripetere i fondamentali del palleggio.»

Credo che questa sia una delle poche volte che parlo seriamente con il nonnino. Spero mi dica di si. «Oh!Oh! Certo Sakuragi.»

Bene. Senza aggiungere altro mi porto fuori dal campo di gioco e comincio a palleggiare. «Ma, ma… Hanamichi stai bene?»

Ryota dovrebbe essere contento sta sempre a lamentarsi del mio essere esagitato. Lo ignoro continuando gli esercizi. Ho bisogno di pensare. Il genio deve trovare il modo di riavvicinarsi alla volpe. Un’infida volpe che sfugge ogni volta che sono lì per raggiungerla. Che tu sia dannato, mica ti ho dato quel nomignolo senza motivo.

«Hanamichi?» Mi volto verso Haruko. Possibile che nessuno mi lasci in pace! Sospiro, mi sto comportando male con lei. Dovrei dirle che il mio cuore è occupato. La sto evitando di proposito, però le devo una spiegazione. Volto lo sguardo sul campo, lui è il centro di tutti i miei pensieri. Anche solo chiarire con Haruko passa in secondo piano.

«Haruko?» Devo togliermela dai piedi altrimenti è meglio giocare con la squadra.

«Tutto bene? Oggi avresti dovuto fare altro. Non è che ti fa male la schiena?»

«No. Preferisco continuare ancora un giorno con i fondamentali.» La mia risposta sembra tranquillizzare tutti. Chi li capisce è bravo. Sempre detto che questa squadra è una gabbia di matti. Mi comporto normalmente e non vado bene, se sto in disparte neanche. Mi volto verso Rukawa, come al solito è immerso nel suo mondo senza badare a niente. Spero resti in palestra, magari potrei chiedergli di aiutarmi a ritrovare il ritmo giusto per segnare a canestro… ok, me lo dico da solo: idiota.

«Hanamichi vuoi che resti con te?»

«Haruko grazie voglio continuare da solo.» Le sorrido e finalmente vanno tutti via. Un po’ abbattuto prendo il pallone portandomi sotto il tabellone. La Kitsune è andata via prima del solito. Chissà dove corre, ultimamente non resta per i suoi allenamenti supplementari. Sono sempre convinto che si veda con Sendoh. Almeno ha la decenza di non invitarlo in palestra. Sorrido ripensando a quando lo trovai ad allenarsi di sera. Un angelo. Volava sul parquet e quello spettacolare slam dunk all’indietro. Così bello e solo, proprio come me. Anche tu non hai sempre qualcuno che ti aspetta a casa? A volte mi chiedo come possa amarti così senza sapere niente di te. Chi conosce davvero chi sei? Lo hai concesso a Sendoh di accedere nel tuo mondo “puro”?

Scatto come una furia verso il canestro e schiaccio con tutta la rabbia che ho in corpo. Tremo e so che è colpa della gelosia. Si, sono geloso da vedere nero. Non è giusto, cos’ha quel porcospino più di me? No, il genio non deve lasciarsi abbattere, la volpe mi appartiene. Ha la testa altrove in questo periodo, tutto qui. Magari smaniasse per me, un sogno che diventa realtà.

«Va bene, genio. Se vuoi la volpe devi ritornare a essere un campione. Quindi… Sakuragi alla riscossa.» Con calma e concentrazione inizio a tirare a canestro. Dopo un’ora riesco a centrare l’anello una volta su cinque. Ritrovare la forma non è facile, speravo che il corpo ricordasse i movimenti ma non è così. Ripenso alle parole del nonnino, quando mi tenne qui per effettuare ventimila tiri. Riprovo. Tiro. Ferro. «Ma cosa diavolo sbaglio!»

«Il movimento non è ritmico e costante.»

Sussulto, riconoscerei questa voce tra mille. Ma cosa ci fa qui? Mi volto a guardarlo. Kimi, quanto è bello. Ha i capelli bagnati che scivolano come inchiostro sulla pelle di porcellana. I vestiti gli si sono incollati addosso e le gocce d’acqua percorrono maliziosamente il suo corpo. Un sogno, non potrebbe essere altrimenti. «Cosa ci fai qui?»

«Mi stavo allenando al campetto poco lontano. Ha iniziato a piovere e ho pensato di ripararmi in palestra.»

Non mi ero accorto della pioggia, però mi scoppia dentro una scintilla di gioia: non era con Sendoh. Mi volto verso il canestro stringendo la palla. Questo non mi da la sicurezza che non stanno insieme ma è il momento giusto. Sono giorni che cerco un modo per approcciarmi alla volpe senza farla scappare. Insomma è inutile provare a parlarci, l’unica cosa che ci unisce è il basket. Mi è balenata un’idea in testa e potrebbe funzionare. Non è un piano dettagliato però Rukawa è sempre mezzo addormentato magari ci casca. «Ah, bene.»

Torno a tirare e sbagliando di proposito. (Datemela buona, sempre lì a puntualizzare.) Ferro. Se conosco la volpe mi riprenderà di sicuro. «Do’hao. Se più schiappa di quando ti sei infortunato.»

«Teme Kitsune! Non è colpa mia se ora in squadra non c’è più il gorillone. Lui era l’unico a sapere qualcosa di basket. L’unico in grado di insegnarmi davvero questo gioco. A chi dovrei chiedere ora? Siete tutti scarsi, non sapete giocare voi e lo vorreste insegnare a me?».

Uno…due…tre… «Idiota.» Mi si avvicina con quel passo elegante. Kimi, non così Kitsune stasera sei talmente bello che è difficile toglierti gli occhi di dosso. «Allora?Che stai aspettando? Riprendi la posizione.» Mi sono distratto, la colpa è sua. Faccio come mi ha detto. «Hai i gomiti troppo larghi.» La sua mano candida, fredda, morbida, bagnata mi si posa sulla pelle. «Così, ora prova a tirare. Ricorda: ritmo lento e costante.» Prendo un bel respiro. Giuro non ho mai desiderato così tanto segnare un canestro. Lo faccio, un centro perfetto e senza sbavature. «Chi è la schiappa che non sa insegnare il basket?»

Caduto in trappola. Volpino del cuore mio adesso preparati a stare insieme a me per tutto il tempo in cui sei in questa scuola.«Mmmm, mica puoi convincermi così. Che ne diresti di aiutarmi a ritrovare la forma, dopo l’infortunio? Vediamo quando sei bravo. Se miglioro hai la mia parola che ti passerò la palla in partita. Se invece, come credo, non ci riuscirai sarai tu a passarla a me. Accetti la sfida?»

Non deve neanche rispondermi i suoi occhi scintillano. Li ho visti così solo di fronte agli avversari più pericolosi. Felice, ora sono davvero felice.

Idiota. Grandissimo Idiota. Mega idiota. Continuo a ripetermelo mentre cammino per tornare a casa. No stavolta l’insulto, che poi non lo è mai, non è rivolto alla scimmia rossa ma è per me. Vorrei sapere come ho fatto a fregarmi in questo con le mie stesse mani. Possibile che come apre bocca il do’hao non riesco a dirgli di no. Quando ha iniziato a dargli questo potere? Stringo i pugni, lo so benissimo: dal giorno in cui mi si è piantato d’avanti. Ma perché di tutti i posti della scuola sono andato in terrazza a dormire? Mordo il colletto della felpa per tirarla su a coprirmi le labbra, fa freddo ed è parecchio tardi. Oggi abbiamo speso molto tempo negli allenamenti extra io e la scimmia. Diciamo che ci sono state alcune divergenze su come si effettuano i tiri da tre punti. Stasera era in vena di parlare. Cioè parla sempre, anche quando non deve, oggi però ha toccato un argomento che non mi aspettavo. Come inaspettati sono stati i miei pensieri.

“Proprio non ci siamo. Lo vuoi capire che non basta solo dare forza con le ginocchia?”

“Perché stiamo provando i tiri da tre punti. Nessuno se li aspetta da me.”

“Appunto. Muoviti oppure te ne faccio fare altri centro.”

“Tu ti stai approfittando della situazione.”

Solo un pochino, di certo non te lo dirò. “Continua.” Lapidario come sempre, ma devo ammettere non si lamenta anzi ci mette davvero tutto l’impegno per dimostrare che è un genio del basket. Però sbaglia ancora. “Ok, cento.”

“Grrr…” Niente da fare è in pieno delirio. “Il Tensai non si fa mettere i piedi intesta da una baka Kitsune come te.”

“Schiappa. Hai ragione chiedi a qualcun altro. Sono stanco di perdere tempo.” È una bugia bella e buona.

“Io ti distruggo!”

Lo sapevo che sarebbe finita a pugni. Devo dire che si sta controllando anche troppo. Durante i nostri allenamenti mi ascolta e cerca di imparare il più possibile. Ha ripreso la mano, tanto che molte volte rimango sbalordito di come si muove con scioltezza sul campo. Alla fine, acciaccati, ci stendiamo sul pavimento freddo ansimanti.

“Kitsune è vero che vuoi andare in America?”

Questa domanda mi coglie impreparato. Primo a lui cosa importa? Secondo come fa ancora a ricordarlo? L’argomento è venuto fuori durante la partita con il Sannoh, mentre Sawakita mi spiattellava in faccia il suo essere migliore di me. Guardo Sakuragi disteso vicino, in quell’occasione mi disse che se ci andavo io ci sarebbe andato anche lui. “Si. Credi che possa fermami ai tornei scolastici?”

“No.” Lui si rialza, troneggia su di me che resto a terra. Lo ammetto ha un fisico imponente. Ho avuto modo di vederlo varie volte spogliato o a dorso nudo. Ultimamente però il mio sguardo scivola insistentemente sulla sua schiena ampia e le braccia toniche e muscolose. Sembrano così… accoglienti, non so spiegarlo bene ma danno un senso di protezione e calore. Detto da me suona strano, io non ho bisogno ne dell’uno ne dell’altro. Chissà com’è stare nel suo abbraccio. Sento un leggero calore salirmi dal basso ventre… a cosa diavolo vado a pensare? Mi alzo di scatto e perdo leggermente l’equilibrio.

“Attento.” Sakuragi mi afferra al volo impedendomi di finire culo a terra, e io mi aggrappo a lui. Forse qualcuno ascolta le mie parole. Un minuto prima pensavo a com’è stare tra le sue braccia. Un minuto dopo lo so. Sono come credevo: calde, protettive e mi piace il suo odore. Siamo così vicini, posso sentire il suo fiato sulle mie labbra è leggermente affannoso. Deve essere bello stringersi a lui così mentre…. Kimi, mi sento arrossire come una stupida ragazzina, da quando ho pensieri poco casti sull’idiota? Mi allontano. Ho il respiro stranamente alterato. Spero non abbia percepito la mia eccitazione.

“Hai detto cento tiri.”

Rialzo gli occhi, che tenevo ben piantati sulle mie scarpe, mentre lui torna in posizione. Nessuno dei due parla più e alla fine andiamo via in silenzio.

Questo è quanto accaduto in palestra. Quindi vi chiederete: perché ti davi dell’idiota? Mi piace. Mi piace da matti la compagnia di quel casinista. Ecco il problema. Insomma poche settimane fa mi sono ripromesso di evitarlo e ora ci passo un sacco di tempo insieme. Me lo ritrovo anche in terrazza, durante la pausa pranzo, a chiedermi di spiegargli alcuni schemi che ha visto nelle partite della NBA. Così finiamo per parlare… cioè, lui parla e io rispondo con poche parole. Vorrei davvero sapere cosa passa nella testa di quello scimmione. Volevo allontanarmi perché mi manda in confusione la sua presenza e invece il nostro rapporto è mutato. Non so come abbiamo fatto, né quando è successo ma si è fatto più “stretto” e io non riesco a essere indifferente. Soprattutto quando mi sorride. Si, l’idiota mi sorride. Non quella risata megalomane. Non quel ghigno distorto, ma un sorriso caldo e luminoso che compare sulle sue labbra quando capisce di avere la mia completa attenzione. Forse a furia di testate mi ha fatto partire il cervello. Che posso farci, sto bene con lui. Mi diverto, sebbene il mio aspetto esteriore non lo mostri, la sua allegria è contagiosa. Anche giocare a basket con Sakuragi mi fa esaltare, come se stessi giocando una partita decisiva. Lo riconosco è un valido avversario, quando ci troviamo di fronte è una lotta fino all’ultimo canestro. Nessuno sconto e nonostante continui a perdere, non si arrende. Anzi continua a sfidarmi.

“Teme Kitsune tra un poi dovrai cedere dinnanzi al mio immenso genio.”

Stasera poi per la prima volta ho iniziato a vederlo sotto un’altra luce. Non compagno di squadra ma come un ragazzo e… non credevo neanche potessi fare simili pensieri. Capisco di essere traumatizzato dalle ragazze, che mi sembrano delle pazze invasate salvo rare eccezioni. Passo la maggior parte del tempo a evitarle che non mi sono mai sentito attratto da nessuna di loro. Questo vuol dire che sono gay? No, che razza di pensiero stupito. La colpa è come sempre di quello scimmione. Riesce a confondermi. Ho solo fatto un osservazione perché trovo piacevole la sua compagnia. Ci siamo avvicinati grazie alla sua “sfida” e forse riesco a vederlo come qualcuno con cui interagire. Nulla di più. Il fatto che mi sono eccitato quando mi ha stretto non significa niente.

Sorrido, se continua così non riuscirò più a essere totalmente indifferente. In verità non lo sono mai stato. Mi sono mantenuto distante, un po’ per carattere ma perché proprio sembrava avercela con me. Adesso mi ha aperto uno spiraglio per farmi entrare… e io voglio raggiungerlo? Voglio farmi raggiungere? Sta tutto lì. Non sono uno che si lega. Sono una persona a cui piace la libertà e anche l’amicizia potrebbe legarmi a degli “obblighi” a cui non voglio cedere. Poi c’è in fattore: se mi affeziono e vanno via? Ho subito un distacco doloroso quando ero un bambino e lo sforzo per uscirne ha richiesto una forza incredibile. Quella forza che è ora il mio punto di rifermento. Far entrare Sakuragi nella mia vita comporterebbe cambiare prospettive e non me la sento. Scuoto la testa. Sto facendo un sacco di congetture inutili, magari all’idiota interessa solo migliorare come giocatore e quando avrà raggiunto il suo scopo le cose tra noi torneranno come prima. Riconosco che questo pensiero è stupido, è una scimmia idiota ma sincera. Se c’è una cosa che non sa fare il rossino è mentire. Proprio per questo so che i suoi insulti erano tali e adesso vuol farmi credere che quel livore con cui mi attaccava è sparito? Questo suo cambiamento è da imputarsi al fatto che è riuscito ad avere il cuore dell’Akagi, non c’è altra spiegazione. Ne sono contento formano una bella coppia, insieme non fanno un cervello. Questa è cattiva ma mi dispiace perdere quel “noi”. Adoro fare a botte con Sakuragi. Mi piace stuzzicarlo. Vedere il suo volto infiammarsi. Kimi, mi fa sentire importante farlo arrabbiare. Ho sempre pensato che l’indifferenza fosse la peggior arma, se arrivasse a usarla con me ne soffrirei. Quanto sono, egoista non la uso anch’io quando mi spavento per come sta evolvendo il nostro rapporto?

Mi sta succedendo di nuovo, penso a lui e la confusione dilaga dentro di me. Io ho bisogno di mettere un freno a questi allenamenti, da quando sono iniziati tutto ruota intorno a loro. Ho smesso anche di vedere Sendoh per le nostre sfide. Sta manipolando il mio tempo, fuori e dentro il campo da gioco e non voglio permetterlo. Mi sta legando a sé, finalmente me ne sono reso conto. Posso ancora recidere quel laccio, sono ancora in tempo… davvero sono convito di poterlo fare?

I Love you

Catturare una volpe richiede pazienza, una qualità sconosciuta al Tensai. Provare a catturare la mia volpe significa dare testate al muro un giorno si e l’altro pure per non renderlo stola. Ammetto l’impazienza a volte mi frega, quindi per calmarmi elenco tutti i passi avanti fatti. Magari sono dieci indietro e due avanti ma fa niente. La matematica è un’opinione. Comunque non mi do per vinto. Ora più che mai devo calmarmi, anche in Rukawa percepisco una sorta di apertura verso di me. Negli ultimi tempi è meno sulle sue. Un freezer a due gambe resta un freezer a due gambe, il genio non può fare miracoli in poco tempo però un principio di scongelamento c’è. Rido, da solo mi rendo conto che lo tratto proprio male. Anche il genio in amore è diverso. Vero che me lo coccolerei e stringerei, ma credete che io smetta di insultarlo? Ma anche no. La volpe del mio cuore mi ucciderebbe seduta stante. Siamo due pazzi, ognuno si vuol bene in un modo. (Cos’è quelle facce? Si ho detto si vuol bene. Scusatemi ma se non mi volesse bene perché accettare di allenarmi? No, non l’ha fatto perché si crede migliore di me. Insomma lasciatemi illudere che un po’ mi vuole bene. Ne ho bisogno, quando lo sconforto si fa sente.)

Sospiro, il rovescio della medaglia in tutta questa storia sono le reazioni del mio corpo alla sua vicinanza. Cercate di capirmi: ho sedici anni, lui è talmente sexy e bello che non deve far niente per farmi eccitare, basta che respiri e non vi dico cos’è il suo respiro affannato dopo una sessione di allenamento. Rimanere da soli in palestra a volte è una tortura, non posso mica placcarlo e incollarmi alla sua bocca. Quando si avvicina e mi sfiora ho una voglia matta abbracciarlo. Alcune volte mi sono imbambolato a fissare le sue labbra, piccole e piene, sembrano così morbide e dolci. Chissà se lo sono davvero. Ho anche avuto il suo corpo sottile premuto contro di me. L’altra sera stava cadendo e l’ho afferrato al volo. È stato maledettamente bello sentirmelo addosso, con il suo profumo ad avvolgermi. In quel momento avrei voluto dirgli ogni cosa ma il suo spingermi lontano mi ha riportato con i piedi per terra. Rukawa mi vede come giocatore, forse come “amico” (senso ampio del termine) per il resto conto meno di zero.

Niente pessimismo. Devo smetterla di pensare a certe cose, saprò conquistarmi la sua fiducia e arriverò al suo cuore. Il Tensai non si abbatte, in fondo mi alleno con lui tutte le sere e durante la pausa pranzo siamo spesso insieme. Il genio ha studiato bene come piazzare le trappole, si sa le volpi sono furbe e batterle sul loro terreno non è facile. Così ho iniziato a frequentare i posti dove so di trovarlo ed è bellissimo stargli vicino, io parlo e lui spilucca il suo pranzo poi quando mi zittisco stanco del mio monologo risponde alle domande che gli ho posto. Le ricorda tutte. Peccato che parli sempre poco, io la sua voce resterei ad ascoltarla per ore ma ho imparato ad amare il silenzio. Al mio amore piace e poi non è mai pesante, non più almeno, perché ci percepisco la sua vicinanza. Mi rende felice, se solo così riesce a fare di me la persona più felice al mondo come mi sentirò se riuscirò a conquistarlo? Non voglio farmi illusioni e vederle cadere come castelli di carta.

Guardo l’orologio, sono in ritardo. Chissà oggi di cosa parleremo, ieri ho visto una trasmissione di basket potrei chiedergli qualche delucidazione. Ammetto che non è solo bravo come giocatore, sarà che vive per questo sport e segue praticamente tutto quello che lo riguarda. Studia gli schemi di gioco fino alla nausea e possiede inventiva. Forse quest’anno se riusciremo a fare gioco di squadra saremo invincibili. Raggiungo la terrazza, in verità con questo freddo non è il massimo, ma a me basta tenerlo vicino.

«Ehi volpe ti sei già schiodato dal banco oggi?»Di solito mi fa aspettare parecchio prima di vederlo arrivare. Certamente non mi arrischio ad andare nella sua classe a svegliarlo, finirebbe a pugni visto che ancora non perdona chi disturba il suo sonno.

«Hn!» Sorrido sedendomi vicino a lui. Mi sa che oggi la volpetta non ha voglia di parlare. Pranziamo in un silenzio teso. Spero di sbagliarmi sul suo pessimo umore. Tanto se dove dirmi qualcosa lo farà. La pausa pranzo finisce, sto per salutarlo quando mi ferma. «Idiota, stasera niente allenamenti supplementari.»

Lapidario come sempre, se ne sta pure andando come se bastino quelle quattro parole. «Che vuoi dire? Perché?»

Mi sento gelare è la prima volta, da quando abbiamo cominciato, che uno di noi da buca all’altro. «Quello che ho detto. Ho un impegno e non posso darti retta.»

So già che non dovrei. Che è meglio non sapere e non fare la figura del cretino, ma ho un pensiero che mi pungola e devo ancora capire se è come credo. «Rimandalo. Il genio viene prima»

«No.»

«Si può sapere cosa hai da fare?»

«Non sono affari tuoi, ma se ci tieni a saperlo… devo vedermi con Sendoh.»

Lo dice con un tono piatto che non ammette repliche. Qualcosa dentro di me va in frantumi. Io non posso accettarlo, preferisce vedere quell’istrice al posto di allenare me? All’improvviso il buon umore, le speranze e la felicità provata crollano. Apro la bocca, avrei tante cose da dirgli ma non lo faccio. Servirebbe solo a rendermi ridicolo. Rukawa è la persona più libera di questo mondo, chi sono io per dirgli cosa può o non può fare? Lo amo di un amore a senso unico e anche se ricambiasse non potrei mai imprigionarlo. Mi si rivolterebbe contro come una iena e lo perderei. Sapete che vi dico: mi fa impazzire questo suo essere così. Mi sono innamorato proprio per com’è, non cambierei niente. Questa gelosia che sento forte e opprimente non devo starla a sentire, prima di fare la cosa sbagliata vado via. Ho bisogno stargli lontano.

Il resto delle lezioni lo passo in una specie di trance. Mi rendo conto di avere una reazione spropositata ma ho i miei motivi. Rukawa ha una specie di ossessione per il numero sette del Ryonan. Non so se va oltre quella sportiva, lo considera il suo rivale numero uno. Di contro so che per Sendoh il mio volpino non è solo un giocatore con cui confrontarsi. Il modo in cui lo guarda, lo sfiora e cerca di attirarne l’attenzione denota interesse. Facile notarlo è quello che faccio anch’io. Sbatto la testa contro il banco, mi atteggio a genio però so di non avere speranze contro il capitano del Ryonan. è perfetto, mentre io sono solo un principiante del basket mezzo teppista. Cosa ho da offrire a Rukawa? Inoltre da quanto ho capito la volpe lo vede spesso. Ho una voglia matta di piangere, il genio battuto da una iena ridens.

Gli allenamenti scorrono senza intoppi, mi tengo lontano da Kaede di proposito e lui ogni tanto mi lancia delle strane occhiate. Lo odio, in questo momento, vedo talmente nero che finirei per fargli del male se dovessimo scontrarci. Alla fine, uno a uno, i compagni lasciano la palestra. Come uno sciocco spero di non vederlo andare via. Niente da dire fa bene a chiamarmi idiota.

«Fanculo mi allenerò da solo.» Gli farò vedere che non ho bisogno del suo aiuto per migliorare. Non mi farò abbattere da questo. Scaricato senza dichiararmi, almeno stavolta l’orgoglio è intatto. Che resti a giocare con il porcospino se gli piace tanto. Che faccia tutto quello che vuole, non verserò una lacrima per lui. Sono stanco, sto corredo dietro a chi non vuole farsi raggiungere. Sono in debito di ossigeno devo fermarmi se non voglio smarrire me stesso.

«Stai bene, Rukawa?» Mi volto verso Sendoh, che è già pronto sotto canestro per iniziare la nostra sfida. Alzo le spalle senza rispondergli. Cosa dovrei dirgli: sono nervoso per aver saltato l’allenamento con l’idiota? «Se non te la senti possiamo rimandare. Non è un problema per me.»

«Piantala!» Sono stato scontroso di proposito, figurati se mi tiro indietro proprio con te. Il mio peggior rivale. Inoltre ho fatto un torto all’idiota per venire qui, quindi zitto e gioca. Questo pensiero è del tutto fuori luogo, può capitare che uno dei due sia impegnato. Il fatto è che io non lo ero, ho cercato Sendoh di proposito. Mi vergogno di averlo fatto. Mi sento come un’animale intrappola e non è un bella sensazione. Scuoto la testa, basta pensieri. Per rimarcare il concetto inizio a palleggiare.

Ho talmente tanta rabbia in corpo, verso di me e l’idiota, da mettere le ali ai piedi. Ho battuto alcune volte Sendoh, ma mai con un punteggio di 22 a 14.

«Eri imprendibile oggi. Complimenti, mi hai messo in seria difficoltà.» Annuisco mettendomi la felpa Scivolo a terra riprendendo fiato. «Rukawa davvero stai bene?»

Porto le ginocchia al petto. Come faccio se il mio orgoglio va in una direzione, la mia testa in un’altra e il cuore non è in linea con nessuno dei due? «No.»

Mi mordo la lingua, cavolo ho risposto a fare. Forse ho bisogno di parlare con qualcuno e lui mi ha dimostrato che potremmo essere amici se lo volessi. «C’è qualcosa che ti preoccupa?»

«Sono confuso. Non mi piace sentirmi così.»

«Conosco la sensazione. Sai anche io per un po’ di tempo ho avuto un gran groviglio in testa. Poi ho capito che eri tu la soluzione e finalmente le cose sono diventate più chiare.» Mmm, che sta dicendo? «Non fare quella faccia. Ho sempre saputo di essere bisex, ma non ho mai pensato potesse piacermi qualcuno così intensamente.»

Kimi, non sta dicendo quello che penso. Io gli piaccio in quel senso? «Sei scioccato?» Vedi tu? Come posso non esserlo. «Mi sarebbe piaciuta un’espressione di sorpresa, mi avrebbe dato una speranza.»

«Speranza per cosa?»

«Di conquistarti. Sei etero vero?»

Mi tornano in mente le reazioni del mio corpo l’altra sera mentre l’idiota mi teneva abbracciato. «Non è semplice rispondere.» Già una volta mi sono posto questo quesito e ancora non lo so. Insomma se lo fossi… Sendoh non è brutto, abbiamo la passione del basket in comune ma il pensiero di essere toccato da lui mi mette i brividi e non di piacere. Provo di guardarlo, non c’è nessun particolare che catalizza il mio sguardo come quando ho guardato le spalle e le braccia di Hanamichi.

«Posso provare a schiariti le idee.» Che intende dire? Sento le sue mani sulle spalle. Vuole baciarmi? Ma è impazzito? Mi parte un pugno che lo manda a terra. Mi alzo tremando di rabbia.

«Sei impazzito. Non ti ho dato il permesso di prenderti simili libertà.» Sto letteralmente fumando.

«Lo so, ho tentato. È tanto che volevo baciarti. Perché credi che accetti le sfide a basket. Sono un modo per toccarti e averti vicino.»

Che cosa? Non gioca con me perché mi reputa un degno avversario? Questo pensiero ne reca un altro… il volto sorridente dell’idiota, le sue sparate che sta per raggiungermi, la voglia di battermi. Cosa ci faccio qui? Ho mollato qualcuno che davvero vuole scontrarsi con me per uno che vuole solo provarci. Esco dal campetto senza badare alla voce di Sendoh che mi richiama indietro. Devo correre, il pensiero di quel demente solo in palestra mi fa male. Lo sguardo che mi ha lanciato quando gli ho detto che avrei saltato gli allenamenti è piantato nella mia testa. Ho desiderato ferirlo, come un cretino, per dimostrare a me stesso che non tengo a lui. Ho avuto paura di un legame che è già parte di me. Convincermi che quegli allenamenti non significano nulla. Invece cavolo se contano. Dove prima c’era solo il basket e i MIEI allenamenti. Ora ci sono i NOSTRI allenamenti. In queste settimane sono cambiato. Sono sempre confuso ma dopo anni sento di nuovo battere qualcosa dentro di me. Lui, con il suo modo di essere, è riuscito a farmi desiderare altro. Il fatto che io non sappia dare un nome a questo mi ha spinto a ferirlo.

Fortunatamente le luci sono accese in palestra però non sento il rumore del pallone che rimbalza. Prendo un lungo respiro, soprattutto per calmare i battiti del cuore. Perché batte così forte?

Apro la porta senza fare rumore e la richiudo alle spalle. Sakuragi è al centro del campo. Rigira il pallone tra le mani, sembra assente. I muscoli sono tesi, forse quello a cui sta pensando non è piacevole. Deglutisco, avverto una strana elettricità nell’aria. «Cos’è se non ci sono salti completamente gli allenamenti?»

Sussulta, non mi ha sentito entrare, ma resta voltato. Lascio cadere il borsone e mi tolgo la felpa. Cammino verso il centro, manca poco per raggiungerlo e finalmente mi guarda. Nei suoi occhi non c’è la solita luce di allegria o sfida, ma sembrano tristi e rossi.

«Ti va uno one on one, volpe? Si arriva ai venti. Allora?»

Non me lo aspettavo e non mi tiro di certo indietro. «Sei sicuro di riuscire a battermi, scimmia?»

«Potrei sorprenderti, volpe.»

Un brivido scorre lungo la schiena. Sorrido, interiormente, mi hai sempre sorpreso. Non c’è che dire è migliorato, soprattutto in difesa. Ha capito cosa significa: lavorare di gambe, inoltre non fa quasi più fallo. Però stasera percepisco qualcosa di diverso. Vuole battermi. Sebbene non sia ancora all’altezza, sono ancora io il numero uno. Non è per vantarmi, riconosco un degno avversario. Mi esalta pensare a questa sfida perenne tra noi a chi arriverà più in alto. Intanto però gli soffio la palla e volo a canestro. «16 a 8. Vuoi darmi la vittoria o continuiamo?»

Lo devo stuzzicare, visto che stranamente la scimmia è silenziosa.«Non mi hai ancora battuto!»

«Allora impegnati oppure rimpiangerò di non essere rimasto a giocare con Sendoh.» Mi mordo la lingua, perché ho sentito la necessità di provocarlo in questo modo? Se sono corso qui proprio per le parole del… porcospino.

«Nessuno ti ha chiesto di tornare. Forse non era così esaltante scontrarti con lui e sei tornato indietro, ammetti che il genio è mille volte meglio di quel porcospino.»

Spalanco gli occhi, ha penetrato la mia difesa e ora insacca uno dei suoi fenomenali slam dunk. Mi sono distratto: perché sono tornato indietro? Non per la sfida con Sendoh, che alla fine non si è rivelata tale. Il mio rivale vuole solo il punto di contatto perché gli piaccio. Tu invece mi fai scorrere il sangue più veloce nelle vene. Cosa mi stai facendo, possibile che riesci solo a creare confusione dentro di me? Dimmi la verità: hai tutte le risposte e non vuoi concedermele. «Tocca a me attaccare.»

Non dice niente e rientra in posizione. Cavolo gli prende? Vuoi vedere che non mi voleva qui, altrimenti come spiegare la sua tensione. Sembra infastidito… da me? Continuo a palleggiare tenendo fissi gli occhi nei suoi, è concentrato. Provo a fare una finta a destra ma mi blocca. Scatto indietro e mi porto in posizione di tiro da tre punti. Avanza, salta per bloccarmi e io mi abbasso, lo scarto andando a canestro. Salto e anche lui salta con me per togliermi la palla ma è un’azione scoordinata. Commette fallo. Cadiamo entrambi male a terra, distesi sul pavimento della palestra. Kimi, che botta. Apro gli occhi, il Do’hao è ancora addosso a me e non prova neanche a spostarsi. Sento una strana agitazione ad averlo così vicino. Percepisco la sua pelle. Il suo respiro e il calore che emana. Devo allontanarlo però non voglio toccarlo. Ho paura di scottarmi sul serio se lo facessi.

«Hai fatto fallo, Do’hao!» Sembra scuotersi, lentamente poggia le mani al lato del mio corpo per sollevarsi di poco. Non riesco a capire perché non si sposta. Punto gli occhi nei suoi e il modo in cui mi guarda mi fa rabbrividire.

«No, kitsune, questo è fallo!»

Non capisco cosa voglia dire. All’improvviso ogni pensiero si cancella. Avvicina il viso al mio e le nostre labbra si sfiorano. Spalanco gli occhi, stringendo le mani di riflesso sulle sue braccia. Cosa sta facendo? Non è un bacio. Non mi sta forzando a niente semplicemente rimane con la bocca sulla mia, basterebbe poco per spingerlo lontano ma non ci riesco. Che diavolo mi prende? Gli sto permettendo di umiliarmi in questo modo? Perché solo di umiliazione può trattarsi. Sendoh ci ha provato e non l’ho lasciato neanche avvicinare. Cosa c’è di diverso con Hanamichi? Tiragli un pugno, Kaede. Eppure non ci riesco… no, non voglio farlo. Credo che se volesse approfondire il contatto non glielo negherei. Mi trovo a sperare che lo faccia. Contro voglia invece Sakuragi si separa da me, ha il volto tutto rosso. Si alza, allontanandosi e dandomi le spalle. Sento freddo senza il suo corpo sul mio. Mi alzo anch’io, deve darmi una spiegazione.

«Non aspettarti che ti dica che mi dispiace.» Finalmente mi guarda. È in imbarazzo ma determinato a parlare.«Anche perché non mi dispiace per niente. Sarebbe successo, prima o poi, comunque.»

«Che vuol dire?» Deve spiegarmi. Voglio sapere cosa gli sta passando per la testa da quando è tornato dalla riabilitazione, non riesco più a capirlo e di riflesso non capisco neanche più me. Questo bisogno costante di averlo vicino è comparso ora oppure ho fatto finta di non vederlo?

«Che ti odio. Ti detesto più di chiunque al mondo. Tu hai la capacità di mandare in confusione la mia testa. Tu hai completamente cancellato i miei punti fermi.» Sai la novità, quindi mi ha voluto umiliare così? Forse avrebbe dovuto farlo in presenza di altri. «Ti odio perché sapevo chi ero prima di incontrati, dopo quel dannato giorno niente è stato più come prima.» Queste affermazioni mi suonano terribilmente familiari. Quante volte mi sono risuonate in testa? «All’inizio ero convinto che fosse per colpa di Haruko, ero innamorato di lei e lei non vedeva che te. Ma poi ho capito che c’entrava poco, così ho pensato forse è per la sua bravura nel basket. No, neanche, bastava allenarmi seriamente e potevo tranquillamente raggiungerti.» Non riesco a comprendere cosa sta cercando di dirmi. «Ti odio perché catturavi il mio sguardo e ti infilavi nei miei pensieri, mi dicevo: è il mio rivale, devo trovare il suo punto debole. Ma un rivale non ti manda in confusione, non ti fa battere il cuore o ti spinge a fare le ruote di pavone come un’idiota pur di avere la sua attenzione. Un rivale vuoi vederlo sconfitto, non soffri se lo vedi in difficoltà.» Ha sempre provocato le nostre risse per avere la mia attenzione? Soffrire per me? «Io ti odio per questo spropositato bisogno che ho di metterti le mani addosso, di respirare il tuo profumo e sapere che mi sei vicino. Ti odio perché ero convinto di essere etero e invece anche quello mi hai voluto togliere. Mi hai spiattellato in faccia, senza fare niente, il reale motivo per cui in cinquanta mi hanno detto di no. Ti odio perché mi hai aperto gli occhi sulla falsità in cui vivevo e senza chiedermelo mi hai fatto innamorare di te.»

Mi ama? Che vuol dire che mi ama. Quando? Mi gira la testa, le sue parole continuano a risuonare dentro di me.

«Sai hai ragione a chiamarmi Do’hao. Solo un’idiota come me darebbe al suo nemico numero uno il potere per distruggerlo. Ma io non c’è la faccio più. Ho pravo ad avvicinarmi a te con calma, ma oggi mi hai talmente fatto del male che non ho resistito.»

Distruggerlo? Questo è quello che pensa farò dopo questa confessione? Dice di amarmi ma non ha capito nulla di me. Ho sempre pensato che lui fosse la sola persona in grado di vedermi. Mi guarda in attesa di una risposta ma non riesco a dargliela.

«Mi sono reso ridicolo abbastanza.»

Sta andando via. Devo fermarlo. Come? Forse dovrei essere sincero anch’io e buttare fuori i pensieri di tutti questi mesi. Anche tu mi hai mandato in confusione, idiota.

Non devo piangere! Perché poi dovrei farlo, mica avevo la presunzione di essere corrisposto da quel ghiacciolo? Andiamo stiamo parlando di uno che non ha sentimenti, almeno che non siano per il basket. Cosa volevo ottenere con quella dichiarazione, il disprezzo già è nell’elenco manca il disgusto. Ecco cosa ho ottenuto. Avrei dovuto fermami ma quando ho sentito il suo corpo sotto di me. Il respiro alterato tra i capelli e quel profumo tipicamente suo è stato impossibile farlo. Mi sono ripetuto di non guardarlo, di alzarmi e andarmene e lo avrei fatto se la sua voce non mi avesse pungolato. Sono scatto e l’ho fissato. Bellissimo, riduttivo, era maledettamente irreale riverso sotto di me sul pavimento e allo stesso tempo pericolosamente reale il calore della sua pelle. Quegli occhi, quelle iridi blu così penetranti, un richiamo di serena a cui non ho voluto resistere. Quelle labbra, morbide e dolci come le ho sempre sognate. Non ho cercato di approfondire il contatto, forse se avessi chiuso gli occhi… no, io volevo vedere la sua espressione. Desideravo capire se sarebbe rimasto impassibile. Invece era stupido e c’era anche qualcosa di indefinito che non ho colto, forse paura? Conosco Rukawa, non è uno che subisce eppure non mi ha spinto via… «No, non voglio nessuna speranza.»

Lo grido, devo per ficcarmelo in testa. Almeno c’è un risvolto positivo, ora posso mettermi il cuore in pace. Prima o poi questo sentimento sparirà e mi troverò un ragazzo dolce e gentile, altro che principe dei ghiacci. Scuoto il capo, ma quante stronzate sto dicendo. Io non voglio nessuno di dolce e gentile, volevo solo lui e… «Lo sapevo.»

Blaterano tutti su questo amore con la A maiuscola, ma cavolo mica ti dicono che spesso è seguito da una cazzo di D di dolore. Con forza mi asciugo una lacrima. No, non devo piangere per lui. Ne provare questo senso di vergogna o sentirmi fallito. Mi sono innamorato del mio peggior nemico e allora? Mi sono dichiarato e allora? Ho dimostrato coraggio. Adesso andrò a casa e domani sarà tutto come sempre, dovrò solo abituarmi alla sua espressione schifata.

La porta dello spogliatoio si apre, che ci fa ancora qui? Ovvio mica poteva andarsene senza vomitarmi addosso il suo disprezzo. Magari è uno di quelli che pensano che gay significa essere malati. Faccia pure se vuole darmi del finocchio o deviato.

«Do’hao.»

Stringo i pugni. «Potresti essere originale, ogni tanto cambia insulto.»

«Perché, tu sei un’idiota. Sfortunatamente per me sei anche il mio Do’hao.» Cosa? Che diavolo sta dicendo? «Non è facile parlare, non sono bravo con i sentimenti. Forse non so neanche comprenderli, me ne sono tenuto distante per tanto tempo. Ma c’è una cosa che devo dirti… anche tu mi hai mandato in confusione.» Ti prego Ru non darmi false speranze. Il cuore mi batte all’impazzata, sembra scoppiarmi nel petto. Mi volto, sul viso della volpe c’è un’espressione smarrita. Lui che è sempre deciso. La persona più forte che conosca, che non si tira mai indietro… non sa che fare. «Però credo che a forza di testate tu ti sia piantato nella mia testa.»

Cerco di nascondere un sorriso, lo sapevo che prenderlo a testate sarebbe stata la strada giusta per arrivare al suo cuore. Con la testa dura che si ritrova era l’unico modo. Cosa devo fare? La volpaccia non mi ha detto che mi ama, insomma è qui. Posso incatenarlo e tenerlo stretto per tutta la vita? Non voglio finire con il cuore squarciato dai suoi artigli. Voglio chiarezza. «Che vuoi dire?»

«Il genio non ci arriva da solo?»

Le sue guance sono leggermente rosse. Lui imbarazzato? Spettate, fermate tutto. Deve dirmelo. «Vuoi dire che anche tu ti sei innamorato di me?»

«Diciamo che sto valutando.» In che senso, che sono una cavia? Ma io lo uccido! «Potresti aiutarmi a togliere tutta questa confusione? Aiutami a capire cosa provo per te?»

Lo guardo sospettoso. So che prima ho pensato un sacco di cose brutte. Il dolore fa fare questo e altro. Rukawa è una persona limpida e pura, non è uno che fa del male di proposito. Ed è sincero, non mente. Sorrido, non mi inganni stupida volpe. Non saprai dare un nome a quello che senti o forse non lo vuoi dire per mantenere la tua fama di iceberg. Ma quello che ci lega non lo puoi nascondere, altrimenti non saresti qui. Posso aspettare di sentirmi dire che mi ami. Fino a quel momento lo dirò io per tutti e due. «Se vuoi posso iniziare subito.»

Mi avvicino. Ecco vorrei baciarlo e posso farlo, stiamo insieme ora. Bho, credo di si. Va bene devo andare a interpretazione. Dicevo: vorrei baciarlo però un conto è coglierlo di sorpresa, un’altro agire con lui che se lo aspetta. Poi insomma vorrei che facesse il primo passo. Sto lì impalato, indeciso su come fare quando la Kitsune palesa esattamente cosa vuole. Fa un passo verso di me, un altro ancora e le sue braccia mi si allacciano al collo. Il suo viso è a un soffio dal mio. Il paradiso esiste. Lo stringo e stavolta lo bacio. Lo bacio davvero, non uno sfioramento ma assaporo le sue labbra stuzzicandole e vezzeggiandole finché non le schiude. Piano affondo la lingua nel suo umido calore, mi perdo nel suo sapore. Ingaggiamo una battaglia dolce, un po’ inesperta, che ci lascia ansimanti. Peccato che per vivere bisogna respirare. Mi allontano di poco, ora che l’ho assaggiato non credo di poter resistere senza i suoi baci per molto. «Si è fatto tardi, credo che per oggi i nostri allenamenti sono saltati.»

Gli dico la prima stupidaggine che mi viene in mente, per riprendere il contatto con quello che ci circonda. Ed è la mossa giusta visto che l’imbarazzo che percepivo sembra dissolversi.

«Non è proprio tardi, magari possiamo sfruttare il tempo restante per allenarci in altro.»

Devo andare di nuovo d’interpretazione oppure mi fiondo sulla sua bocca? Meglio chiedere. «Ciommm…» Mi ha zittito. Mi sta baciando di nuovo e stavolta non c’è solo dolcezza ma anche passione nel suo cercarmi. Chi lo avrebbe mai detto, la mia volpe non è bravo solo a basket!

Credo di non essere molto in me. La colpa è sua che continua a baciarmi. Quando l’ho visto andarsene ho capito che lo volevo vicino. Desideravo essere di nuovo tra le sue braccia. Desideravo quel bacio mancato. Volevo scoprire cosa fosse quel senso di paura. Si ho avuto paura. Non mi piace ammetterlo. Ho avuto paura di perderlo. Lui è stato coraggioso, mi ha spiattellato in faccia ogni cosa, senza timore di apparire fragile. Mi ha dato consciamente le armi per distruggerlo, anche se non lo farei mai ho troppo rispetto per i sentimenti, affidandosi a me. Io cosa stavo facendo? Mi crogiolavo in “mi sento confuso” per paura di rendermi vulnerabile e legarmi a qualcuno. La mia forza si è ribellata. Hanamichi è il mio rivale, la persona che mi conosce di più, l’unico in grado di scuotermi e il solo capace di risvegliare il mio cuore. Era lui a mancarmi. Quel bisogno costante di smuoverlo, di vederlo impegnarsi. Quei suoi occhi su di me, sempre in ogni momento. Sorrido, quando lo trovai negli spogliatoi, dopo la partita col Kainan, ammetto di averlo provocato. Cioè una parte di me penserà sempre che è stata colpa mia la nostra sconfitta, ma volevo che lui reagisse. Impuntarmi dandomi la colpa prendendomi la responsabilità è stata la mossa giusta. Non siamo due persone normali. Adesso, qui, tra le sue braccia mi sento finalmente tranquillo dopo mesi. Io sapevo che lui possedeva tutte le risposte, solo le ho cercate in modo sbagliato.

«Volpetta non smetterei di baciarti ma dovremmo andare…»

«Mmm,» Mi riapproprio delle sue labbra. Mi piace da impazzire il modo in cui mi bacia, anche se non ho termini di paragone,quel modo di cercarmi irruento è così tipo di lui. Le sue mani sono gentili e possessive su di me. Pensare che ci tira dei pugni micidiali, come fanno a essere così delicate. Non voglio lasciarlo, sono stato per così tanto tempo lontano da lui che ora separarmene mi fa male. Cosa mi hai fatto? Possibile che poche ore prima avrei ucciso chiunque avesse provato a insinuare un interesse nei tuoi confronti, mentre ora non posso fare a meno di te? Mi allontano leggermente, il suo sguardo è così intenso che amplifica i brividi che mi scorrono sotto pelle. Ha un’espressione estasiata mentre mi guarda.

«Quanto sei bello, Kaede.» Sussulto, non ci credo sento le guance andare a fuoco. Sono arrossito come una ragazzina. «Che c’è, credevo fossi abituato a sentirtelo dire.»

Affondo il volto nel suo collo. Deficiente, certo che sono abituato ma detto da te fa tutto un altro effetto. Ho il cuore che mi batte all’impazzata. Sbuffo, cercando di ricomporre la mia maschera impassibile di ghiaccio. «Non dire stupidaggini.»

«Non sono stupidaggini. Sei bellissimo.»

Mi piace sentirmelo dire. Il fatto che non può togliermi gli occhi e le mani di dosso mi esalta. Però mi sorge un dubbio. So che Sakuragi è cristallino. Diciamo pure che è come un bambino, ma dopo le parole di Sendoh… ho bisogno di certezze. I sentimenti sono qualcosa in cui non sono bravo. «Solo per questo hai detto di amarmi, per il mio aspetto esteriore?»

Hanamichi mi allontana di scatto, stringendomi le mani sulle spalle. Lo guardo non capendo il motivo per cui è arrabbiato e non ho modo di chiederlo. Quell’imbecille, idiota, cerebroleso mi da una sonora testata che mi rimbomba in testa. Ma io lo squarto. Faccio partire un calcio che lo prende allo stomaco, cade al’indietro sbattendo la testa contro gli armadietti finendo gambe all’aria. «Baka Kitusne.»

«Razza di Do’hao.» Mi massaggio la fronte. Se prova a lamentarsi gliene do un altro.

«Te la meritavi.» Che sta dicendo? «Come puoi anche solo pensare che ti ho detto che ti amo solo per l’aspetto esteriore. Solo un baka come te poteva pensarlo.»

«Hn!» Dimentica tutte quelle pazze che mi corrono dietro. Non è che essere sempre al centro dell’attenzione per un bel faccino ti faccia sentire sicuro. Anzi ti chiedi sempre: se vedo solo quello e poi il resto non lo vogliono?

«Purtroppo per me il tuo aspetto fisico è l’ultima cosa di cui mi sono innamorato.» Di nuovo, sono arrossito per un suo complimento. «Ho passato talmente tanto tempo a cercare un tuo punto debole che ho imparato a conoscerti, solo quando ho capito cos’era ad attirarmi verso di te ho iniziato ad vedere il tuo aspetto esteriore.»

Mi inginocchio e gli butto le braccia al collo baciandolo. Ho già detto che non sono molto in me? Se voglio riacquistare il sangue freddo devo impedirgli di parlare. Vero che ha smesso di mandarmi in confusione però ora ci sono altri effetti collaterali. «Mi credi stupida volpaccia.»

«Si,» La sua faccia compiaciuta è uno spettacolo. «Sei troppo idiota per mentire.»

«Non azzardarti mai più a dire una cosa simile. Non darmi dell’idiota quando parlo di ciò che provo per te» Mi bacia dolcemente. «Andiamo, ti accompagno a casa è tardi.»

Ci rialziamo, ma la sua frase ha un che di… «Guarda che non sono mica una ragazzina indifesa.»

«Lo so benissimo.» È arrossito. «Insomma voglio accompagnarti. Quindi taci e andiamo.»

Lascio correre. Mi sa che dovrò abituarmi. L’idiota deve essere un tipo molto protettivo. Ricordo benissimo quando Minami mi diete una gomitata, ha commesso addirittura un fallo tecnico.

Camminiamo lentamente, siamo entrambi stanchi. La giornata è stata pesante e piena di sorprese. Ci sono cose che davvero non si possono comandare, ero sicuro di provare curiosità per la testa rossa ma come potevo immaginare che invece stesse con costanza scardinando il ghiaccio in torno al mio cuore. Non so ancora dire se lo amo. Forse ho bisogno di chiarezza, di comprendere se è la persona giusta. Ora voglio vivermi questi giorni. Sono sicuro che all’esterno nulla cambierà in me, l’idiota dovrà andare molte volte a interpretazione ma ha fantasia e caparbietà. Io voglio averlo vicino, per capire se è lui quello con cui abbassare le difese.

«Vivi qui? Ma non c’è nessuno in casa ,come mai?»

Irrigidisco i muscoli, è normale una frase del genere. «Mio padre viaggia molto per lavoro. Mia madre è morta quando ero piccolo.»

Spero gli basti perché non ho voglia di dire altro. «Anch’io sto a casa sempre da solo. Mio padre è morto tre anni fa. La mamma lavora come dottoressa al Policlinico, fa sempre turni massacranti.» Così simili in questo noi due. Apro il cancelletto e percorriamo il viale fino alla porta. «Ci vediamo domani a scuola.» Si porta una mano dietro la testa in imbarazzo. «Credi sia sconveniente baciarti davanti alla porta di casa?»

Lo guardo è così tardi e non voglio vederlo andare via. Insomma non stasera. Senza dire nulla apro la porta ed entro, Hanamichi sembra deluso. Io poggio il borsone a terra. «Va bene a domani volpetta.»

Sbuffo lo afferro per la mano e lo tiro dentro chiudendomi la porta dietro le spalle. «Sei proprio un’idiota.»

Glielo soffio sulle labbra prima di baciarlo. Non ricordo dove ho letto che baciare la persona amata fa perdere il contatto con la realtà. Chi ha detto quella frase ha ragione. Quando iniziamo a baciarci non sento niente intorno a me. Solo lui. Il suo profumo. Il suo calore. Tornare alla realtà è come svegliarsi da un bellissimo sogno. «Perché non resti qui? Chiama tua madre, dille che dormi a casa di un amico.»

Kimi, è la mia voce? Da quando è così bassa e dolce. Deve essere uno degli effetti collaterali che mi fa l’idiota. Il cretino diventa color gambero lesso. Meglio riportarlo con i piedi per terra.

«Non era una proposta.» Non lo è davvero. Stasera non potremmo andare oltre e lo pensa anche lui perché lascia andare un sospiro sollevato. Alzo il sopracciglio.

«Non fraintendere. Non c’è niente che vorrei di più al mondo, ma voglio che tu sia sicuro. Desidero sentirti dire che hai compreso cosa provi per me. Non voglio correre e sbagliare. Non con te, Kaede.»

Mi piace da matti come pronuncia il mio nome. «Grazie, Hanamichi.»

Gli sorrido, come non facevo da tempo. «Stai sorridendo per me?»

«Idiota.» Basta questo. Un altro bacio poi gli indico il telefono. Ovviamente ha il permesso, ceniamo e guardiamo un po’ di tv. C’è un po’ di imbarazzo quando ci troviamo nella mia camera da letto. Fortuna che papà ha la mania per l’America peggio della mia. La nostra casa è tutta arredata in stile occidentale, il mio letto è a una piazza e mezza. Almeno staremo comodi. Ci stendiamo tenendoci distanti ma dopo un po’ con la scusa di sistemarci meglio ci avviciniamo. Hana è velocissimo a stringermi facendomi appoggiare al suo petto. Sbuffo, più per darmi un contegno. Mi piacciono le sue braccia intorno a me solo non riuscivo a chiederglielo di abbracciarmi.

«Prova a muoverti e ti arriva un’altra testata.»

«Non voglio muovermi. Sei comodo.» Mi sistemo meglio. «Anche caldo. Almeno sei utile a qualcosa.»

«Come apri bocca fai danni. Zitto e dormi.»

Gli scocco un bacio sulle labbra imbronciate. «Buona notte, Hana.»

«Buona notte, Kaede.»

Fine?