Serie Uniti dal destino: What’s missing? – secondo capitolo

Eccomi con un nuovo capitolo dalla serie Uniti dal Destino. Cosa manca al nostro Rukawa? Ma secondo me il ragazzo è parecchio confuso o solo non vuole ammettere che gli manca una certa testa rossa 😉

Le varie fanfiction non sono betate o editate (in quanto non ho beta 🙁 e gli editor sono a pagamento) spero non in errori gravi. La storia per ora ha già cinque capitoli pubblicati, cercherò di postarli anche qui tutti quanto prima

Rating: Variabile. Le prime storie sono abbastanza soft poi potrei anche darci dentro XD

Abbinamento : HanaRu

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Lo ammetto manca qualcosa da quando sono tornato a scuola, il liceo Shohoku dove mi sono iscritto un anno fa, dopo la convocazione con la nazionale juniores. Una sensazione che non mi abbandona. Non so spiegarlo, ma è da quando ho messo piede in palestra che sento questa mancanza. Anzi ogni giorno, a ogni allenamento, aumenta rendendomi sempre più nervoso. Un nervosismo che neanche lo sfinirmi a basket riesce a togliermi di dosso. Insomma comincio anche a faticare ad addormentarmi la sera. Cioè vi rendete conto? Io che non riesco a dormire? Per cosa poi? Cosa mi manca?

All’apparenza so bene di sembrare sempre il solito iceberg interessato solo al canestro, ma a un attento osservatore non può sfuggire il mio guardarmi intorno alla ricerca di non so neanch’io cosa! Insomma questa mancanza è associata alla palestra quindi devo capire cosa c’è che non va qui!

Sbuffo, recupero un pallone e corro a canestro per un terzo tempo. La voce dei miei compagni mi distrae da questo stato di insofferenza. Li osservo uno a uno, non so mi sembrano incompleti. Potrei pensare che forse è per l’assenza dei senpai che ora sono andati via. Mitsui a parte, sia Akagi che Kogure hanno deciso di lasciare la squadra per concentrarsi sugli esami di ammissione all’università. Questa potrebbe essere la causa della “mancanza” che sento, insomma niente urla del gorilla o parole di incoraggiamento da parte del quattrocchi, però… però… ecco diciamolo chiaramente: io non sono mai stato un sentimentale! Sono troppo concreto per non accettare i normali cambiamenti che avvengono nella vita. Ho imparato da piccolo a non affezionarmi a niente. Le cose mutano ed è un bene che accada. Se tutto restasse fermo e immobile vorrebbe dire che non si sta migliorando o impegnando per raggiungere i propri obbiettivi e sogni. Dovrei meravigliarmi di me stesso, da quando mentre sto giocando penso ad altro? No, c’è qualcosa che non va in me. Un cambiamento arrivato dopo la “chiacchierata” con l’allenatore Anzai, dopo la partita con il Ryonan, quando con la sua faccia bonaria e voce ferma mi ha spiattellato in faccia la mia piccolezza. Qui lo dico e qui lo nego: aveva dannatamente ragione. So di avere talento ma dovevo riconosce il mio limite: mi piace giocare per vincere e a volte per farlo punto solo su me stesso. Dipende anche dal fattore compagni di squadra, prima di giocare nello Shohoku non sempre erano all’altezza. Questo non è sminuire ma quando sei un passo avanti si nota. Ovviamente metteteci la mia combattività: io VOGLIO sconfiggere chi reputo più bravo di me. Solo quando ho capito che non potevo superare Sawakita in uno scontro diretto, in quanto molto più forte nell’uno contro uno, ho capito che per far vincere la squadra dovevo fare affidamento sui miei compagni. Non potevo segnare per portarli alla vittoria… gli avrei aperto la strada per far fare loro canestro. In quel momento ho compreso perché l’allenatore mi aveva detto quelle parole: non sei all’altezza di Sendoh. Sendoh è un grandissimo giocatore e non ha paura di sentirsi sminuito se non è lui il realizzatore della squadra. Io quella paura l’avevo e sconfiggerla durante una partita così importate non è stato facile.

Mi scuoto leggermente. Io, Kaede Rukawa, la super matricola e asso dello Shohoku, non sto minimamente badando a quello che sto facendo. Fortuna che conosco a memoria la posizione del canestro altrimenti tutti si sarebbero resi conto della mia testa altrove. È più forte di me: mi manca qualcosa! Mi volto, i suoni del basket ci sono tutti: lo strido delle scarpe sul parquet, il rimbalzo della palla, la retina che viene insaccata, il tabellone che trema sotto una schiacciata e le voci dei compagni. Ci sono anche quei suoni che sono entrati di prepotenza nel mio tempio… ovvero le urla di quelle pazze del mio fan club e dell’armata Sakuragi, nonostante il rossino non sia presente. Eppure in questo insieme così familiare manca una nota.

Ok a me stesso posso ammetterlo, so benissimo cosa manca ma non voglio ammetterlo per il semplice fatto che farlo potrebbe portare a una serie di risposte a domande che meglio restino tali. Si, lo so che sembro sempre uno che dorme in piedi ma stando da solo ho tanto di quel tempo per pensare e mai come in questo anno ho usato la testa per farlo. Non solo per il basket. C’è una persona che mi ha cambiato, in questi mesi, la vita e senza che nessuno gli avesse chiesto niente. Ma ormai ho capito: lui non chiede, agisce e travolge.

Scuoto la testa, la lunga frangia mi sfiora gli occhi velando lo sguardo. Sfogo la mia rabbia, per questi pensieri assurdi, schiacciando con tutta la forza la palla nel canestro.

«Rukawa la nazionale ti ha fatto bene, almeno per il basket. Per quando riguarda il resto sei tornato più incazzato di prima!»

Mtsui a volte faresti meglio a chiudere quel forno. Non mi prendo la briga di rispondere, tanto non credo neanche se lo aspetti da me. Riprendo la palla e mi preparo sulla linea dai tre punti, so che così facendo confermo il mio carattere scontroso… ma ha centrato il punto, sono incazzato da quando sono ripresi gli allenamenti a causa di questa sensazione che non mi molla. Magari se ne venissi a capo riuscirei a rilassarmi e a essere meno iceberg con gli altri.

«Ma guarda sono convinto che se questa frase fosse stata detta da un certo pseudo proclamato Tensai sarebbe finita in una bella rissa. Credo ti avrebbe fatto pure bene.»

Quella affermazione arriva proprio mentre sto tirando e incredibilmente prendo il ferro. Sbarro gli occhi, mi sono distratto! Come ho fatto a distrarmi per una frase così scema? Cioè me ne sento dire di peggio e niente. Mi volto e devo avere uno sguardo davvero di ghiaccio, visto che Mitsui spalanca gli occhi.

«Be che c’è? Perché mi guardi in quel modo? No, mi spiace io ho promesso al signor Anzi. Niente risse, neanche per scherzo.» Continua a parlare? Perchè continua a blaterare ancora invece di lasciarmi in pace!

«Hn!» È la mia risposta mentre riprendo a palleggiare, guardo l’orologio per fortuna manca poco alla fine degli allenamenti così potrò avere la palestra tutta per me. Non è per cattiveria, riconosco il loro talento. Sono bravi ognuno a modo loro ma io ho bisogno di stare un po’ da solo qui dentro per venire a capo di cosa cavolo mi prende.

Finalmente uno a uno vanno tutti via, li saluto distrattamente promettendo ad Ayako di chiudere bene la palestra. Lascio andare un sospiro quando la porta si chiude dietro di loro. Passo alcuni minuti fermo in mezzo al campo, invece di proseguire il mio allenamento mi lascio cadere a terra rigirando il pallone tra le mani. Inspiegabilmente mi ritrovo a ripercorrere l’ultimo periodo. Non ho vergogna a dirlo, per molto tempo ho vissuto seguendo uno schema: casa, scuola, allenamenti con la squadra, allenamenti in solitaria e partite della NBA. Nessun amico, mio padre è un uomo d’affari e fa quello che può ma il suo lavoro lo porta a stare lontano da casa. Mia madre è un ricordo lontano che non sfioro più da quando è morta. Sono una persona fondamentalmente sola e mi piace la solitudine, trovo difficile socializzare o interagire con gli altri ma questo non significa, come mi hanno spesso accusato, che li guardo dall’altro di un piedistallo. Avendo una vita che ruota intorno al basket non so neanche dove iniziare per fare amicizia. Mi danno spesso dell’egoista, egocentrico, arrogante e antipatico proprio per questo mio non riuscire a socializzare. Me ne dispiace ma va oltre le mie possibilità comportarmi in modo diverso. Allora faccio quello che mi riesce meglio: combatto per far vincere la mia squadra. Forse non a parole ma con le mie azioni cerco di spronarli, di fargli notare i punti deboli dell’avversario o a farli reagire proprio come accade nelle partite con lo Shoyo e il Kainan. Ma questo sul campo da basket. Fuori è un’altra storia. Diciamolo mi ci vedete a parlare con una ragazza? Ayako a parte le altre non fanno altro che arrossire, sorridere e balbettare quando mi va bene… altrimenti mi toccano quelle che urlano slogan a doppio senso che farebbero arrossire anche un attore porno. Mi vengono i brividi al sol pensiero, davvero se dovessero placcarmi non saprei come difendermi e poi dicono che i ragazzi sono allupati! Non mi fa piacere avere questo aspetto(non so che ci vedano in me) insomma che se ne fanno di un bel faccino quando a carattere sono un orso? No, le ragazze sono un enigma che non m interessa risolvere. Un bel quadretto la mia vita non c’è che dire, eppure è proprio grazie ai compagni dello Shohoku che mi sono aperto di più. Sarà il fatto che siamo una banda di disadattati e quindi mi risulta più facile interagire con loro. Inoltre è quasi impossibile restare impassibili alle sparate megalomani dell’idiota, una presenza rumorosa che infastidisce tutti gli allenamenti. Diciamo che mi è impossibile restare di ghiaccio davanti ai suoi insulti e proclami, ci ho provato all’inizio ma con scarsi risultati… proprio te le tira a forza le parole di bocca. Si anche a me che parlo raramente.

Appoggio la fronte sulla palla chiudendo gli occhi, in questi giorni gli allenamenti sono stati normali(per lo standard della squadra) visto che il grande Tensai è ancora in riabilitazione. Mi sono sentito sollevato quando, dopo la partita con l’Aiwa, l’allenatore ci ha informato che non era nulla di grave. Non è bello dover rinunciare a qualcosa che piace e lui, anche se non glielo dirò mai, ha un grande talento che ancora deve esplodere. Mi mordo le labbra, come sono finito a pensare a quella testa rossa? Sarà il fatto che me lo ritrovavo puntualmente sulla spiaggia quando andavo a correre durante il ritiro con la nazionale. Sebbene nessuno di noi dicesse niente, a parte i soliti insulti, era un appuntamento fisso… almeno sino all’ultimo giorno prima del mio ritorno a Kanagawa. Cioè l’ho visto seduto al solito posto ma non mi sono avvicinato, lui sembrava come in attesa di qualcuno e io ho preferito tornare indietro. Insomma magari aspettava l’Akagi e non volevo sentire le solite frasi. Sono passate due settimane da quel giorno e le uniche notizie sull’idiota sono quelle di Ayako: sta bene, la riabilitazione va alla grande, Haruko gli scrive tutti i giorni. Le cose tra quei due sembrano cambiate, meglio per me visto che la sorella del gorilla aiuta Ayako per prendere il suo posto quando si sarà diplomata. La nostra manager si è anche premunita di farmi sapere che tra quei due sembra finalmente scoppiato l’idillio e appena Sakuragi farà ritorno potrebbero mettersi insieme. Non so perché si sia sentita in dovere di dirmi certe cose, buon per loro e anche per me visto tutto quello che è successo durante l’anno. Chissà forse quando tornerà il do’hao ,senza più un valido motivo per darmi addosso, mi lascerà in pace. Spingo la fronte contro la superficie ruvida della palla. Restare qui, senza allenarmi, è stato utile almeno ho capito cosa non mi mancherà. Non mi è mai importato molto dell’Akagi per me è una ragazzina come tante, solo che ho evitato di essere troppo scontroso per rispetto al capitano. Se era infatuata, perché di amore non voglio parlare, di me non ho mai fatto nulla per incoraggiarla eppure la testa rossa mi vede come un rivale. Bene ora è tutto finito e non dovrò più sorbirmi i risolini di lei e le sceneggiate di lui, in un colpo solo mi sono liberato di due piattole.

Dovrei essere contento, lo sono… lo sono? Non so è contraddittorio ma mi dispiace che le nostre “zuffe”, si dopo la prima l’unica volta che abbiamo fatto sul serio a botte è stato dopo la partita con il Kainan, finiscano. Sembra strano ma Sakuragi è la persona con cui interagisco di più, quello che mi fa uscire a forza dalla mia tana e che mi spinge a dare il massimo. Sarà atipico, non siamo propriamente due persone normali, ma è il nostro modo di comunicare. Magari non finiranno, in fondo sono ancora il giocatore migliore della squadra… che diavolo sto pensando? Che mi importa se continuano o no?

Mi alzo di scatto, sto pensando a un mucchio di sciocchezze. Mi sto focalizzando su pensieri inutili. Non mi manca niente. Invece di farmi passare l’incazzatura stare qui a riflettere mi ha fatto infuriare ancora di più. Devo smetterla e concentrare la mia attenzione su altro, a breve ci sarà il torneo invernale e poi dovrò studiare per passare al secondo anno di liceo. Se tutto va bene papà dovrebbe portarmi a Tokyo con lui per le vacanze di natale. Non ho tempo da perdere in stupidi pensieri, deve essere solo un momento di assestamento a causa di tutti i cambiamenti avvenuti recentemente. Riconosco di star mentendo a me stesso, ma non voglio approfondire perché entrerei in un vicolo cieco e allora si che sarebbe un problema.

Rilasso le spalle iniziando a correre verso il canestro, faccio rimbalzare la palla e insacco uno scenografico slam dunk all’indietro. Nel basket devo riversare tutte le mie energie per raggiungere il mio obbiettivo, giocare in America. Per farlo devo arrivare al diploma con in tasca il titolo di miglior giocatore e con la squadra vincitrice del campionato nazionale. Non ho tempo da sprecare. In fondo non manca niente… non manca niente?

 

Fine(per ora)