Innocenza rubata – Capitolo 2

Ovviamente desclamer di rito: I diritti di Slam Dunk non sono miei, ma questo non è un segreto, io i personaggi li prendo solo in prestito, per farli impazzire un po’. Buona lettura!!

Innocenza Rubata

Parte II

di `ShaKa`

Oltrepasso la porta, chiudendola alla mie spalle. Appoggio la schiena alla porta, e sospiro, prima di alzare il viso e guardare davanti a me. Il letto. Kaede. Se ne sta lì, nudo, coperto appena da un lenzuolo bianco. E’ disteso, gli occhi appena aperti, spenti, vuoti. Il suo viso è ferito, pieno di lividi. Delle vistose garze gli coprono la fronte, e la guancia sinistra. Una flebo al braccio.

Muovo alcuni passi verso di lui, che sembra nemmeno accorgersi della mia presenza, non ha mosso un muscolo, nonostante io gli sia vicino.

– Kaede…- lo chiamo, ma lui non sembra reagire, né riconoscermi, fissa un punto imprecisato della stanza di fronte a sé. Mi avvicino ancora di più al letto, osservo con attenzione le sue reazioni. Inesistenti. Noto solo un lieve tremore delle sue labbra, anch’ esse ferite, da tagli ed abrasioni. Sento una morsa stringermi al cuore.

Piano, con la mano, sfioro la sua, distesa lungo i fianchi, e lo vedo irrigidirsi,

– Kaede…sono io …Hanamichi- sussurro, tremendamente scoraggiato, e smarrito per le sue reazioni. Vorrei tanto che la sensazione di paura e disagio che ho intuito in lui fosse solo una mia impressione, e che tutto scivoli via, ma non è così. Kaede è spaventato a morte. E io, forse, più di lui, mi chiedo cosa sia giusto fare, se rimanere qui, nonostante tutto, o andare via e lasciarlo in pace.

Provo un ultima volta,

– Kitsune…non avere paura…non ti farò del male…- sussurro, guardandolo, e sentendo dentro di me un’ impotenza cieca e soffoncante. Mi alzo in piedi nuovamente, e decido velocemente che forse è meglio andare via.

Mi allontano lentamente, come sperando che durante il tragitto che mi conduce alla porta qualcosa cambi.

Non chiamatemi illuso, vi prego, ma c’è qualcosa dentro di me che mi spinge a non perdere la speranza. Spero che anche se il muro del suo stato di shock non è facile da abbattere, anche se non sono pronto ad affrontare qualsiasi cosa mi aspetti dopo, vi sia una reazione, una qualsiasi reazione…

E, forse, qualcuno lassù ascolta le mie preghiere, perchè ad un tratto, mentre sto per aprire la porta, sento un lieve mormorio,

– Ha..mm..- mi giro a guardare Kaede, si agita, – do..a..ho…- sussurra quasi impercettibilmente, ed io, per la prima volta nella mia vita, sono davvero felice di essere chiamato così!! Torno in pochi passi al suo capezzale. Lui gira il volto a fatica, e finalmente mi specchio nei suoi occhi blu, che mi fissano. Stanchi. Addolorati. Sembra uscito da quel stato di incoscienza in cui si era chiuso.

– volpacchiotto…- sussurro mentre piano gli accarezza una mano. La guardo. E’ piena di lividi. Le dita gonfie, ho quasi paura a toccarla, per paura di fargli male!

La mia frustrazione e la mia rabbia crescono smisuratamente, e vorrei scappare via da qui e trovare CHI ha fatto tutto ciò, perchè se lo trovassi, so di certo che per la prima volta, nella mia vita, desidererei la morte di qualcuno.

Ma so anche che il mio cuore vuole rimanere qui, e stare vicino al mio amore, perchè lui ha bisogno di me.

– Finalmente…Kaede…finalmente…- lo guardo, e temo di non riuscire a trattenere le lacrime. Lui mi osserva senza pronunciare una parola, i nostri occhi si incrociano, e in un muto dialogo si perdono gli uni negli altri. Io non so cosa dire, ho tanta paura di pronunciare qualcosa di fuoriluogo, terribilmente stupido e banale. Ma con Kaede non sono mai state importanti le parole, e forse il linguaggio del corpo, adesso, è il modo più adeguato a comunicare con lui.

Sposto la mia mano sulla sua, in una leggera carezza, sul braccio.

– Posso accarezzarti la guancia?- chiedo piano, lui mi guarda, senza rispondere. Ed io azzardo, piano, una lieve carezza sulla pelle del suo volto. Finalmente lo sento smettere di tremare. Avvicino il mio volto al suo.

– Come ti senti?- gli chiedo piano,

– Mi…fa m.a..le…tut.to…- , io annusco, lui mi guarda, poi inizia a tossire. Tenta di alzarsi, sembra soffocare. Piano lo sorreggo, appoggiandolo a me, gli passo un braccio intorno alla schiena. E lui si stringe a me. Nasconde il volto nella mia felpa. Ad un tratto lo sento singhiozzare, tra le mie braccia. Appoggio la guancia sui suoi capelli.

– Kaede…-ma non faccio in tempo a chiamarlo che inizia nuovamente a tossire, e dopo pochi secondi lo sento staccarsi da me urgentemente, e sporgersi dal letto, per poi vomitare. Inizialmente sono nel panico! Poi lo sorreggo, mentre non smette di tossire e piangere. E ‘ chiaramente una reazione nervosa. E io non so cosa fare. Allungo la mano, premendo il bottone vicino al letto, e chiamando così l’infermiera di turno, che subito corre in camera.

– Lo aiuti, la prego!- le dico, e lei si avvicina, prendendo dei fogli di carta e porgendomeli.

– Lasci che vomiti…- mi dice, – è normale…- continua mentre mi aiuta a pulire Kaede. Che nel frattempo ha smesso di rimettere, ed è rimasto appoggiato al mio petto. Sfinito. Singhiozzante. Gli accarezzo i capelli, cullandolo piano.

– Va tutto bene Kaede…calmati…va tutto bene…- gli sussurro. L’infermiera esce, e dopo qualche minuto torna, e mi ordina di uscire, ma io non voglio.

– Signor Sakuragi, deve uscire!-, ma io scuoto la testa, non voglio lasciarlo,

– voglio rimanere…- esclamo, poi abbassando la testa – per favore…- dico, e forse la commuovo, perchè non mi chiede nuovamente di uscire. E così rimango in camera, mentre gli infermieri ripuliscono la stanza. Io li aiuto a pulire Kaede. Lui è stranamente silenzioso, e mentre gli asciugo il collo, vedo i suoi occhi rimanere fissi su di me.

Quando finalmente tutti sono andati via, rimaniamo soli in camera. Tengo Kaede per mano, e lui è davvero stanco.

– Ho sonno…-

– Dormi un po’, ok?- gli dico,

– R..rimani?- mi chiede, io annuisco, e piano bacio la sua mano tra le mie. Man mano che si rilassa gli accarezzo i capelli. E lui dopo poco si addormenta.

Rimango a guardarlo per un tempo indefinito.

Poi, ad un tratto, sento un rumore alle mie spalle, e quando mi giro scorgo il dottore sulla soglia che mi fissa.

Torno a guardare Kaede, gli sfioro la guancia, e osservo la sua mano nella mia. Le dita gonfie, le ferite, ed è come se pian piano prendessi coscienza di tutto quello che ho di fronte a me…

Dopo, esco dalla camera a prendermi qualcosa da mangiare. Quando torno dal bar, l’infermiera mi fa rientrare nel reparto, e io mi avvio alla camera di Kaede. Quando passo davanti alla stanza del medico, mi fermo osservando la porta, e esito un attimo, poi mi decido a bussare. Dopo qualche secondo mi arriva una voce dall’interno, che mi dice di entrare.

– Signor Sakuragi, prego…mi dica.- mi dice il dottore dopo avermi riconosciuto.

– Dottore io…volevo parlare con lei!- dico, con tono evidentemente agitato.

– Stavo appunto esaminando le analisi di Rukawa.- mi dice, e io mi siedo davanti a lui.

– Dottore, avanti, mi dica la verità! Cosa gli è stato fatto!!?- il mio tono era chiaramente agitato,

– Sakuragi, si calmi…- mi dice, e io mi rendo conto di star esagerando, mi sistemo sulla sedia, e taccio, – al pronto soccorso non siamo riusciti a fare una diagnosi completa, ma da quanto ci ha detto l’andrologo che lo ha visitato…Rukawa ha subito una violenza sessuale…e temiamo non solo da parte di una sola persona…- aggiunge dopo qualche attimo di esitazione, – le ferite che ha riportato comunque non sono gravissime, ma alcune necessitano di un intervento chirurgico, che attueremo al più presto.- mi spiega. Io rimango imbambolato, riflettendo su quello che mi ha detto. Ad un tratto il medico attira la mia attenzione:

– siete amici da molto?- mi chiede con sguardo comprensivo, io scuoto la testa,

– No, non molto…- rispondo io non capendo il perchè di questa sua domanda.

– Sai, ho visto, durante la mia carriera, molti di questi casi, ed è sempre difficile venirne fuori. Solitamente dopo violenze di questo genere è difficile trovarsi a proprio agio con altre persone, ma lui ha accettato la tua presenza, nonostante tu sia un ragazzo…deve volerti molto bene-,

– Anche io gliene voglio!- mi affretto a dire, perchè lo penso davvero, e perchè un po’ mi imbarazza una ammissione del genere, – torno di là, così se si sveglia mi trova…- dico alzandomi, e dirigendomi alla porta.

– Sakuragi!- mi fermo girandomi verso di lui, – Kaede sta passando, e passerà, dei momenti molto difficili. Valuta la tua forza di volontà figliolo, sarà una dura prova anche per te, se vorrai rimanergli accanto.- si ferma un attimo, – Io, capisco cosa provi, ma Kaede adesso è debole, e se vuoi stargli vicino dovrai essere tu abbastanza forte per entrambi…- conclude. Io ripeto le parole che mi ha detto un attimo nella mia mente, poi annuisco, ed esco dalla stanza, tornando poi, a passi lenti, al fianco del mio volpacchiotto. Lo guardo, addormentato ed indifeso, e so che lui è una persona forte, e ce la farà. E se non dovesse farcela ci sarò io ad aiutarlo, perchè l’amore è anche questo, sostenersi nelle difficoltà. E anche se la nostra storia era appena all’inizio, io lo amo già da tanto, e non lo abbandonerò. Il mio posto è qui, Kaede, qui vicino a te.

La notte scorre tranquilla, ed è mattina innoltrata quando Kaede si risveglia. Io entro in camera, dopo aver preso l’ennesimo caffè alla macchinetta del reparto.

– Ehy! Sei sveglio…!-

– Nh!- lo guardo sorridendo, mi siedo su una sedia vicino al letto.

– Come va con i dolori?- gli chiedo

– Mi hanno… appena dato degli antidolorifici, ma…prima o poi…riprenderanno…-

– Lo so…- dico posando il mio bicchiere sul tavolino vicino al letto, – il dottore vuole che ti operino domani, hai delle piccole lesioni interne- gli spiego.

– Io non voglio…essere operato! Voglio andare a casa…!- risponde lui,

– Kaede, è per il tuo bene…- tento di spiegargli, – hai delle emorragie, e non possono sempre stare li a riempirti di antidolorifici solo perchè non vuoi operarti…- lui scuote la testa, ma io continuo, – come puoi sperare che ti riporti a casa, se non riesci nemmeno ad alzarti!- tento la mia ultima carta, quella della sfida, ma lui non risponde, si chiude nel suo mutismo, riflettendo forse su quello che gli ho detto.

Ad un tratto bussano alla porta, e dopo qualche secondo il medico fa la sua comparsa sulla soglia.

– Rukawa, vedo che sei sveglio…- esordisce avvicinandosi al letto per prendere la cartella clinica, – credo che Sakuragi ti abbia avvertito, ma sono ugualmente passato per dirti che domani mattina ti sottoporremo a quel piccolo intervento di ricostruzione delle fibre lesionate.- Kaede annuisce. – bene, questa sera mangerai normalmente ma domani dovrai rimanere a digiuno, quindi non ti verrà cambiata la flebo, l’infermiera ti verrà a prendere presto.- dice ancora riponendo la cartella clinica di Kaede al suo posto, dopo averla visionata, – vedrai, andrà tutto bene, e in qualche giorno sarai di nuovo in piedi!- dice ancora, poi continua, – ah! Rukawa, tuo padre è nel mio ufficio, tra poco verrà qui, sta firmando dei documenti- e detto questo esce. Io rimango in silenzio, guardo Kaede, che non ha detto una sola parola. Nè tanto meno si è opposto alla comunicazione dell’intervento di domani. Anche lui mi guarda, e io ammiro le sue lunga ciglia, che incorniciano quelle pozze di blu profondo,

– grazie…- sussurro, e lui non dice nulla, socchiude gli occhi, e io prendo una delle sue mani tra le mie, poggiandovi la mia guancia sul dorso. E’ calda e morbida.

– Hana…- sussurra,

– – Dimmi Kae…-,

– Dopo l’operazione, non voglio che tu sia qui…- mi dice,

– Cosa? – chiedo, deluso, -Ma perchè?-,

– Non voglio, tutto qui- conclude, senza aggiungere ulteriori spiegazioni. E io non capisco. Di cosa ha paura? Perchè non mi vuole al suo fianco?

– io veramente avrei voluto starti vicino!- sussurro

– Non voglio!!- dice improvvisamente lui con tono più sostenuto, e io rimango impietrito davanti alla sua reazione, non l’ho mai sentito alzare la voce.

Non rispondo. Rimango a fissarlo. Ad un tratto si sente bussare, e subito dopo alla porta della stanza si presenta il padre di Kaede. Vedo quest’ultimo sorpreso,

– Kaede…- sussurra l’uomo entrando, ed avvicinandosi al letto.

– Papà…non dovevi venire!-, mi sposto, lasciandolo passare, e allontanandomi di qualche passo.

– Stupido! Come puoi pensare che io riesca a stare lontano sapendoti qui!- gli dice sedendosi, Kaede sorride lievemente, e gli tende una mano, i due si abbracciano, e io esco dalla stanza, perchè credo di essere di troppo in questo momento!

La mattina seguente Kaede viene operato. L’intervento dura alcune ore. Sono in camera, quando lo riportano, ancora sotto anestesia. Lo poggiano sul materasso a pancia in giù. Mi dicono che dormirà ancora qualche ora. E io esco in corridoio. Minami è fuori, ad aspettarmi, mi porge un caffè.

– grazie- dico sorseggiandolo.

– dovresti andare a riposare…se vuoi rimango io con lui…- mi dice.

– No, voglio esserci quando si risveglia- dico piano. Tsuyoshi annuisce. Più in là scorgo il signor Anzai e il padre di Kaede, stanno parlando con il dottore. Mi avvicino a loro. Il coach mi sorride.

– E’ andato tutto bene!- mi dice, – appena riuscirà a rimettersi e le analisi saranno positive, lo dimetteranno- continua il nonnetto, e io sono felice di questa notizia, perchè significa che le sue ferite fisiche guariranno presto. E dentro di me spero che anche quelle del suo animo si rimargineranno, anche se adesso è davvero difficile credere che possa succedere. Ma forse è troppo presto per dirsi quello che accadrà. Mi giro e vedo Minami sorridermi, e accenno un sorriso. Durante questi giorni passati in ospedale mi è stato vicino, e mi ha aiutato a non mollare. Domani la squadra tornerà a Kanagawa, e Tsuyoshi si è anche offerto di ospitarmi per i giorni che rimarrò qui, anche dopo la partenza della squadra. E’ stato molto gentile, e devo dire di aver cambiato davvero opinione sul suo conto.

Dopo, quando tutti sono andati via, rimango insieme al padre di Kaede. Bevo l’ennesimo caffè per stare sveglio, senza credo cadrei a terra. Ho dimenticato l’ultima notte in cui ho dormito per più di due ore di seguito, ma purtroppo Kaede non dorme bene, ha attacchi di panico durante la notte, crisi di pianto, e spesso gli infermieri devono sedarlo per farlo dormire qualche ora tranquillamente, e quindi è impossibile poter chiudere occhio, e dormire nella paura che si svegli gridando, o piangendo…

Osservo il mio bicchiere sconsolato, poi le parole del Signor Rukawa mi fanno tornare al presente,

– Sakuragi, figliolo, dovresti andare a riposare…non puoi bere tutti questi caffè, starai male…- io scuoto la testa. E lui sorride, dopo qualche minuto di silenzio, – sai, penso che Kaede sia proprio fortunato ad avere un amico come te-, mi dice, mentre insieme ci sediamo su una panca, e io sorrido a me stesso, amici…io e Kaede. Fino a poco tempo fa ci odiavamo, ma poi, alla fine, abbiamo capito che l’odio che c’era tra noi serviva solo ad abbagliare l’immenso affetto che veramente ci univa, e tutto è cambiato….la parola amici adesso mi sembra così retorica…

Ad un tratto la voce del Signor Rukawa continua: – sai, Kaede non ha mai avuto amici, a parte la palla da basket, e ancora mi sorprende che tu sia così affezionato a lui. Che io sappia non ha mai legato con nessuno…è un ragazzo difficile…-, mi guarda e io anuisco, – ho sempre sperato che lui capisse quanto sia importante avere vicino le persone che gli vogliono bene. Da quando sua madre è morta, Kaede si è chiuso in sé stesso…isolandosi da tutto e tutti-, fa un breve pausa, – ha trovato conforto solo nel basket, su cui ha puntato il tutto per tutto, ed è stato meglio. Negli ultimi anni stava davvero bene…- vedo che si porta le mani al viso, – Ma adesso….adesso…io non so come affrontare questa …questa cosa!- la sua voce è bassa, triste…disperata! Gli appoggio una mano sulla spalla, nel tentativo di fargli sentire la mia presenza e il mio sostegno, e donargli una forza, che forse, nemmeno io ho, di fronte a tutta questa storia.

Ripenso a Kaede, in questi giorni difficili, ha voluto solo me, oltre al padre, al suo fianco. Ha anche rifiutato di vedere i nostri compagni di squadra, forse nel timore che capissero cosa veramente fosse successo. Credo che il suo orgoglio sarebbe andato in pezzi di fronte alla compassione di chi l’avrebbe guardato provando pietà per quello che gli è successo. Anche la polizia è stata avvertita dall’ospedale, e due giorni fa un agente è venuto qui a parlare con lui. Ma Kaede non ha voluto dire nulla, nè denunciare l’accaduto. Lui non ne parla, sta sempre in silenzio. Non fa parola di quello che gli è successo. Ed io ho una tremenda paura. Non so cosa aspettarmi, ma so che, in un modo o nell’altro, quello che è successo lo cambierà. Lo ha già cambiato.

E se lo allontanasse da me? E se io lo perdessi? No! Non voglio pensarci…non posso credere che l’amore che proviamo non significhi nulla, non voglio credere che non possa rinascere quello che c’era tra di noi.Voglio credere che qualcosa sia rimasto dentro di noi, oltre tutto…oltre il dolore. Oltre la violenza.

Kaede si sveglia dopo svariate ore, io sono in camera, seduto vicino al letto. Prima dell’operazione mi aveva chiaramente detto di non volermi lì al suo risveglio, ma io non me la sono sentita di lasciarlo solo, infondo un tensai come me non può mica stare ad ascoltare una volpaccia come lui, no?

– Ben svegliato Kitsune!- gli sussurro avvicinandomi al suo volto ancora intontito e rilassato. Non appena mi focalizza, vedo i suoi tratti irrigidirsi,

– Perchè…sei qui?…- chiede piano, un po’ a fatica. Anche se noto il suo tono infastidito.

– Un genio come me deve stare vicino ad una volpe scema!- rispondo sorridendo.

– Vattene!- mi ordina, ma si sa il tensai non prende ordini da nessuno.

– No!- infatti rispondo, e lui mi guarda duramente, e capisco che se voglio che accetti questa cosa devo fare la faccia tosta, – anzi, sai che ti dico? Faresti meglio a rassegnarti che non andrò da nessuna parte, e anche al più presto, perchè visto che non puoi camminare, non puoi nemmeno cacciarmi via!- dico in tono deciso.

Rukawa dopo aver capito che non mi sposterò di un millimetro da qui ha messo su il muso, ed ha iniziato ad ignorarmi. Cosa che per altro mi fa andare fuori dai gangheri!!

Esco dalla stanza, lasciando il posto agli infermieri che devono fare dei controlli di routine e cambiare le flebo. Quando rientro mi dirigo verso il letto, ad un tratto noto che Kaede ha gli occhi chiusi, e mi chino di fronte a lui, osservandolo. Dorme. Il suo volto sembra sofferente, forse gli effetti dell’anestesia stanno andando via, facendo riaffiorare i dolori del mattrattamento subito durante l’intervento. Gli accarezzo i capelli, udendo nel silenzio della stanza il suo respiro, lieve e regolare.

La mattina del giorno dopo il dottore viene a visitarlo per le prime medicazioni.

Kaede, dopo aver passato tutto il tempo a litigare con me, per convincermi ad andare via, è arrabbiatissimo, perchè non lo accontento.

Mi guarda severamente mentre mi sposto al suo fianco. Lui è ancora prono sul letto, la guancia premuta sulle lenzuola bianche. Fisso il medico togliere le garze dal suo fondo schiena, e iniziare a disinfettare i punti esterni. Kaede afferra le lensuola in uno spasmo di dolore. Trattiene a stento le grida. I suoi occhi liquidi mi fissano, e ad un tratto temo di scorgervi vergogna ed umiliazione. Appoggio la mia mano sulla sua, fissandolo, in una muta richiesta di accettare il mio aiuto. So che Kaede è una persona molto orgogliosa, e mai al mondo accetterebbe l’aiuto di qualcuno. Ma io spero accetti il mio. Perchè sa che dietro le mie azioni non c’è pena, ma ben altro. E anche se non posso evitargli queste sofferenze, vorrei tanto sostenerlo.

Ci fissiamo alcuni secondi, poi lui lascia improvvisamente la presa dal lenzuolo, per afferrare la mia mano, e stringerla spasmodicamente, gemendo dal dolore.

Il medico finisce in pochi minuti.

Dopo, Kaede si rilassa sfinito sul letto. Lo copro con il lenzuolo. Lo osservo. Ha gli occhi chiusi, e il volto rigato da una sola, evidente, lacrima.

I giorni dopo sono anche più difficili. Il dolore. Fisico. Psicologico. Le notti insonni. L’emotività a stento trattenuta. E le nostre mani sempre strette, l’una nell’altra, una per cercare, l’altra per dare. Conforto.

Finalmente dopo qualche giorno il medico dà a Kaede il permesso di alzarsi dal letto. E io lo sostengo, mentre si tira in piedi. Percorre brevi, lenti passi, non può andare oltre, la sua degenza a letto gli ha intorpidito gli arti. Lo vedo guardare dalla finestra, fissare i giardini dell’ospedale. Il suo volto sembra rilassarsi.

– Dottore, posso portarlo a fare un giro?- chiedo, e lui annuisce. Con la sedia a rotelle lo porto a fare una passeggiata per i giardinetti. E finalmente, dopo due settimane trascorse tra quelle bianche, e sterili pareti, Kaede può sentire di nuovo il calore del sole sul suo viso. Reclina all’indietro il capo per godere di quel ritrovato tepore.

Lo guardo, e mi sento sereno nel vedere il suo volto rilassato. In queste settimane è stato tutto un inferno. A volte mi chiedo, dopo tutto questo, cosa nasconda infondo alla sua anima. E quanto pesi tutto quello che si tiene dentro.

Ma temo che queste mie domande non avranno una risposta. Non adesso almeno.

Owari…

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Volevo ringraziare tutte le ragazze che hanno commentato la fic, e che mi hanno scritto all’email per commenti, critiche e consigli. Spero continuerete a farlo, l’email è sempre quella shaka_della_vergine@email.it.

Un grande abbraccio ad Anna, che legge sempre le mie fic, ed è ancora viva!

Ed ovviamente, W le HanaRu!!!